Caffè, parrucchieri, estetiste e le «tasse» Covid: i nuovi rincari che dividono i clienti

La replica di artigiani ed esercenti

Marco Accornero, segretario generale dell’Unione artigiani, non vuole sentir parlare di speculazione. «È un dato oggettivo: le mascherine costano, le sanificazioni pure, i dispositivi di sicurezza anche. Parrucchieri ed estetiste sono stati i più esposti alla crisi e ora stanno affrontando costi supplementari. Noi non incoraggiamo gli aumenti, ma non ci sentiamo di stigmatizzarli». E lo stesso vale per Lino Stoppani, presidente del Fipe, la Federazione italiana pubblici esercenti. A lui tutti questi incrementi non risultano, a parte il caso dei 50 baristi di Vicenza che si sono accordati per far pagare il caffè un euro e trenta e il cappuccino un euro e ottanta. Dice: «Gli aumenti sono sporadici e, francamente, poco furbi, perché questo è il momento in cui il cliente deve essere rassicurato e incoraggiato a tornare. Dopodiché non ci nascondiamo che durante le crisi le strade percorribili sono quattro: ridurre i costi, ma quelli fissi non si possono limitare; usare le riserve di liquidità; fare debiti; ritoccare i prezzi».

Prezzi esposti: un obbligo di legge

Altroconsumo all’inizio della pandemia aveva presentato un esposto all’Antitrust per i costi folli degli igienizzanti su Amazon. Adesso Marco Bulfon, coordinatore delle indagini sui prezzi, suggerisce ai consumatori la prima forma di difesa: «I prezzi devono essere esposti, è un obbligo di legge. Se non ci piacciono, ce ne possiamo andare». Andrea Guerrieri, titolare con il fratello Gianluigi del bar Madera a Milano, la sera riesce a spostare tutti i tavolini sulla piazza. «Non abbiamo toccato i prezzi di cappuccini e brioche, che fanno parte della consuetudine di chi viene da noi. Abbiamo ritoccato di un euro quello di alcuni piatti: un secondo che costava 17 euro ora ne costa 18, uno da 13, quattordici. Nessuno ha protestato».

CORRIERE.IT

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