Strage Capaci, Mattarella: «La mafia ignorò la forza dell’esempio di Falcone e Borsellino»

di Carlotta De Leo

Strage Capaci, Mattarella: «La mafia ignorò la forza dell'esempio di Falcone e Borsellino»

Giovanni Falcone, da sinistra, e Paolo Borsellino

Il 23 maggio del 1992 con oltre 400 chili di tritolo la mafia fece esplodere la Fiat Croma del giudice Giovanni Falcone. Nel tratto dell’autostrada A29, da Punta Raisi a Palermo, persero la vita anche la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro. A 28 anni dalla Strage di Capaci, l’esempio di Falcone e Paolo Borsellino (ucciso il 19 luglio dello stesso anno) è sempre più vivo anche senza cortei e manifestazioni a causa della pandemia. «I mafiosi – ha detto in un videomessaggio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella – nel progettare l’assassinio dei due magistrati, non avevano previsto che l’insegnamento di Falcone e di Borsellino, i valori da loro manifestati, sarebbero sopravvissuti, rafforzandosi, oltre la loro morte: diffondendosi, trasmettendo aspirazione di libertà dal crimine, radicandosi nella coscienza e nell’affetto delle tante persone oneste».

I giovani

Il messaggio del Presidente è indirizzato ai giovani delle scuole coinvolti nel progetto «La nave della legalità». Le figure di Falcone e Borsellino «hanno fatto crescere nella società il senso del dovere e dell’impegno per contrastare la mafia e per far luce sulle sue tenebre, infondendo coraggio, suscitando rigetto e indignazione, provocando volontà di giustizia e di legalità. I giovani – spiega Mattarella – sono stati tra i primi a comprendere il senso del sacrificio di Falcone e di Borsellino, e ne sono divenuti i depositari, in qualche modo anche gli eredi.

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