Dagli italiani una prova di civiltà. Alle loro paure vanno date risposte

di Walter Veltroni

Non insultate gli italiani. Almeno questo. Ne abbiamo viste di tutti i colori. I ragazzi tornati in strada dopo tre mesi sono stati immediatamente definiti degli «stupidotti», sindaci si sono fatti riprendere mentre, con l’aiuto di droni, cacciavano severamente persone dai parchi, in diretta tv, trasmissioni televisive hanno dato vita a rocamboleschi inseguimenti di cittadini che camminavano su una spiaggia o in una villa comunale. Riprese televisive realizzate con il teleobiettivo sono servite a «schiacciare» l’immagine facendo apparire concentrazioni di persone anche quando non c’erano.

Abbiamo letto parole di fuoco pronunciate da autorità istituzionali verso chi faceva jogging o chi addirittura portava a spasso il cane. Per tacer dell’accusa di «untori» rivolta a ragazzi che, in quel caso non violando alcuna regola, a marzo tornarono a casa dal Nord perché le loro università erano chiuse e volevano semplicemente stare in famiglia. Peraltro i dati del Sud hanno dimostrato che quei ragazzi non hanno infettato nessuno. Come hanno dimostrato che i focolai principali sono stati gli ospedali, le case per anziani, le case dei contagiati. E contro i ragazzi italiani, che per mesi hanno rinunciato in silenzio a ogni forma di socialità ed affettività che non fosse virtuale, eviterei di scagliare la prima pietra. Sia chiaro: le regole vanno rispettate, sempre. E soprattutto ora bisogna farlo. Ma non serve un sovrappiù di spettacolarizzazione, di furia polemica con parole fuori misura recitate apposta per ottenere un titolo sui siti o in tv.

Gli italiani da più di tre mesi stanno dando una prova di eccezionale civiltà, di rispetto delle disposizioni impartite, di serietà e compostezza. Negli Usa ci sono state manifestazioni di gente armata contro il lockdown. Nel Paese di Trump gli oggetti più richiesti durante l’emergenza sono state le armi, non l’amuchina. E oggi, con 38 milioni di persone che hanno perso il lavoro, si vedono in rete immagini di gente che in metropolitana o nei bar tossisce in faccia a chi il lavoro lo ha.

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