Le (poche) cose che servono per il rilancio

di BRUNO VESPA

Si dice che la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto Rilancio potrebbe slittare oltre il fine settimana. E si capisce. I crittografi del ministro dell’Economia stanno spulciando comma su comma per raschiare il fondo del barile alla ricerca di coperture. E’ possibile perciò che ci siano varianti rispetto al testo che (si fa per dire) conosciamo. La coperta si è ristretta mano a mano che crescevano le categorie da coprire. Un esempio per tutti: si era parlato di risarcire la metà delle perdite subite dalle aziende nel mese di aprile e si è arrivati a una forbice tra il 10 e il 20 per cento. 

È da risolvere l’enorme problema della cassa integrazione in deroga, visto che la crisi arriverà almeno fino all’autunno. E occorre assicurare una salvaguardia per le aziende che dimostrano di aver assunto le misure di sicurezza necessarie e non possono essere chiamate a rispondere civilmente e penalmente di contagi acquisiti dai propri dipendenti in un luogo imprecisato. La riapertura di ristoranti e spiagge a partire da lunedì è una incognita, per la tardiva revisione della mannaia Inail. Va esaminata con ragionevolezza la distanza tra passeggeri in aereo: occorre una normativa europea, perché se Ryanair si rifiuta di venire in Italia siamo fritti. Il governo deve inoltre ricondurre a ragione la Germania: la Francia non sta messa molto meglio di noi in fatto di contagi e sarebbero inaccettabili, come denunciano gli albergatori altoatesini, pressioni sull’Austria perché tenga chiuse le frontiere con l’Italia. L’Anschluss è finito da un pezzo. È infine sconcertante il comportamento a macchia di leopardo delle banche sulla erogazione dei finanziamenti più semplici: dov’è l’automatismo promesso?

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