Vedere il pericolo, ridarsi un ideale

Vedere il pericolo, ridarsi un

«La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi». Comincia così il discorso con cui Robert Schuman, ministro degli Esteri francese, il 9 maggio di settanta anni fa promosse una comunità europea del carbone e dell’acciaio. Era il primo passo verso l’Europa unita. L’Europa non è stata fatta e abbiamo avuto la guerra, disse Schuman, e lo sforzo creativo era di «mettere l’insieme della produzione franco tedesca di carbone e acciaio sotto una comune Alta autorità, nel quadro di un’organizzazione alla quale possono aderire gli altri paesi europei». Carbone e acciaio sarebbero finalmente serviti al benessere europeo, anziché alla produzione bellica e allo sterminio reciproco. 

Il cancelliere tedesco Konrad Adenauer fu entusiasta dell’occasione di riaffacciare la Germania nel consesso civile, dopo il disastro della Seconda guerra mondiale, e altrettanto il presidente del Consiglio italiano, Alcide De Gasperi. Ai tre le cose venivano anche abbastanza facili. Fra di loro parlavano in tedesco. De Gasperi era nato in Trentino sotto l’Impero austroungarico, aveva studiato a Vienna, dove divenne parlamentare per la minoranza italiana; Schuman aveva padre francese e madre lussemburghese, ed era cresciuto nella Lorena prussiana. Gente per cui il cosmopolitismo non era un’inclinazione, ma un dato di fatto. La guerra aveva condotto loro e molti altri a stabilire relazioni su basi ideali, senza alcuna implicazione nazionalistica, e cioè avevano combattuto per la democrazia liberale contro il totalitarismo. Insomma, quel discorso di Schumann nasce sulla percezione di un pericolo, la guerra, e su una base ideale, la democrazia liberale.

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