Che fare?

Cari compagni della sinistra, ci risiamo: ancora un compromesso, l’ennesimo, anche su una misura minima di civiltà, la regolarizzazione degli immigrati che lavorano in Italia, resa urgente, in questo caso, neanche da un anelito di giustizia sociale, ma dall’emergenza sanitaria che suggerisce, banalmente, di smantellare le bidonville con i dannati della terra perché diventano covi di contagio, per tutti, perché il virus non conosce classi e muri.

La soluzione, parliamo con grande franchezza, è semplicemente miserabile: permessi solo di un mese, solo per agricoli, perché, si dice, altrimenti i 5 stelle non ci stanno. È una grande resa, politica e culturale, che rivela il dato di fondo rimosso nei mesi dell’emergenza. E cioè l’assenza di un’“anima di questo Governo”, nella misura in cui rinuncia a una discontinuità col precedente su temi “cruciali”. E la questione è complicata da risolvere a valle, le regolarizzazioni, perché non si è risolta a monte, cambiando quella schifezza fascistoide dei Decreti Sicurezza: con il ripristino della protezione umanitaria, come evidente, il problema adesso non si sarebbe neanche posto. 

Domando, sommessamente: è argomento che si esaurisce nel piccolo cabotaggio, oppure occorre prendere atto che il tema va affrontato a un livello un po’ più ambizioso rispetto alle dichiarazioni di Crimi o dei tanti caporali di giornata che parlano come se al Viminale ci fosse ancora Salvini? Rifiutare cioè, anche con una certa sacrosanta indignazione, che il terreno della discussione sia quello della destra, la contrapposizione tra salute e umanità, questo il punto. Conciliare democrazia e umanità significa costruire corridoi umanitari per chi scappa dalle guerre e ora arriva nei porti sicuri con gli scafisti, non predisporre navi da quarantena ai porti di Lampedusa; significa cambiare la Bossi-Fini per i migranti economici, ora o mai più, perché non è possibile, in un’epoca di pandemia, avere ingressi attraverso irregolari e non per vie legali, attraverso la collaborazione con le ambasciate, e attraverso le vie legali controllare la salute di chi entra. È in questo ambito che si pone il tema della regolarizzazione di chi sta in Italia, non per un principio buonista, ma perché è necessario tutelare salute e sviluppo.

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