Verso un 2020 in profondo rosso

Andrea Muratore

Settimana dopo settimana, le stime economiche sui dati riguardanti la (de)crescita prevista per il 2020 nei principali Paesi e nelle maggiori aree economiche del pianeta cominciano ad assumere una forma sempre più concreta avendo oramai interiorizzato i risultati deludenti del primo trimestre. La pandemia di coronavirus ha dato il là a una crisi economica generale in cui una delle grandi perdenti è destinata ad essere l’Unione Europea, che nelle statistiche oggi diffuse ha messo in campo le sue prime proiezioni per l’anno in corso.

Il Pil dell’Eurozona dovrebbe scendere del 7,7% nel 2020 per poi rimbalzare del 6,3% nel 2021. Lo prevede la Ue, dando dunque corda alla narrazione di una “crisi a V” con tonfo in un anno e rimbalzo nel periodo successivo. Nel suo rapporto economico primaverile, giustamente, la Commissione ricorda che le previsioni sono soggette a un “ampio grado di incertezza”, ma l’ordine di grandezza delineato comincia a essere nell’ordine vicino alla realtà che nelle scorse settimane già colossi dell’analisi come McKinsey e Prometeia avevano iniziato a delineare.

Secondo le previsioni, segnala l’Adnkronos, “tutti i Paesi dell’Ue e dell’Eurozona accuseranno crolli del Pil superiori al 4% quest’anno: tra le principali economie, Germania -6,5%, Francia -8,2%, Spagna -9,4%, Olanda -6,8%, Polonia -4,3%”. Varsavia risulterebbe la “prima della classe” pur con una decrescita di ampia portata, vedendo premiata la tempestività degli interventi economici che il governo conservatore del partito “Giustizia e Libertà” ha sdoganato anche in un contesto di diffusione relativamente contenuta del contagio economico. Nel complesso, il progetto di sostegno per le aziende è stimato al 6,7% del Pil, la dimensione dell’assistenza diretta al 7,4% del Pil e nel complesso Varsavia ha messo in campo misure pari a un quinto dell’economia nazionale.

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