L’allarme degli aeroporti sulla ripartenza: ​​​​​​​“Impossibile rinunciare a due posti su tre”

Paolo Baroni

ROMA. Tracciati gate dopo gate, scansionati da termoscanner e sistemi di riconoscimento biometrico; e ovviamente ben protetti, magari per forzare il distanziamento sociale, misura che in assenza di correttivi rende impossibile volare. O meglio lo rende antieconomico. Per il settore del trasporto aereo la ripartenza dopo la crisi del Covid-19, stando agli operatori, sarà una sfida ancora più grande di quella affrontata dopo gli attentati dell’11 settembre.

Molti i problemi sul tappeto, in questa fase oggetto di un confronto serrato con tutti i soggetti istituzionali, dal ministero dei Trasporti alle varie task force agli organismi internazionali. Due i punti critici: l’uso degli aeromobili e l’imbarco e sbarco dei passeggeri. In entrambi in casi le misure di distanziamento sociale creano enormi problemi di sostenibilità economica. Con l’applicazione del distanziamento fisico di 1 metro a bordo della cabina passeggeri, infatti, si stima una riduzione del 66% dei posti disponibili. Di conseguenza «l’effettuazione del volo si trasformerebbe per qualunque compagnia in un’attività del tutto anti-economica e di conseguenza renderebbe in larga scala impossibile la ripartenza del trasporto aereo» si fa notare. Quanto ai bus interpista dagli attuali 90 passeggeri medi si scenderebbe a circa 15, rendendo ancor di più insostenibile il rapporto costi/ricavi.

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