Ai lettori di Repubblica

di CARLO VERDELLI

Cari lettori,

non è difficile immaginare che cosa state provando, che sacrifici state facendo, quanti dolori e privazioni state sopportando, senza neanche sapere bene quando questo avrà fine. Non è difficile immedesimarsi nella sofferenza dei bambini, costretti a una lunga stagione senza gli amici, senza la scuola, senza l’aria da mangiarsi a bocca aperta correndo in un cortile o in un prato.

Non è difficile patire insieme a quell’Italia ferita e smarrita e smagrita, che sa bene cosa l’aspetta alla fine del tunnel dell’epidemia: sacrifici, sacrifici e ancora sacrifici. E poi le scene delle bare, delle corsie con esseri umani stremati dentro a strani caschi, dei medici e degli infermieri che hanno dato letteralmente la vita cercando di salvare quella degli altri.

La falce del coronavirus ha spezzato in due le nostre esistenze, in un prima che sembra lontanissimo e in un dopo, quello nel quale siamo ancora immersi, che richiederà molta forza e altrettanto coraggio per essere affrontato senza lasciarsi prendere dallo sconforto o dalla furia.

Da Repubblica abbiamo cercato di raccontare tutto questo, come è nella storia lunga di questo grande giornale. Raccontare, cercare di capire, provare a spiegare in modo trasparente: il giornalismo non è un affare complicato. E’ un mestiere civile, che richiede devozione e passione. La redazione che ho avuto l’onore di guidare in questi 14 mesi è stata formata su questi principi, li applica in automatico, che si tratti di politica o di finanza, di cultura o di qualsiasi altro argomento di cui è intrecciato il nostro presente.

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