Gli esperti e la politica: la paura di fare le scelte

di Ferruccio de Bortoli

L’unico assembramento che non si riesce a disciplinare è quello di esperti e consulenti coinvolti nell’emergenza pandemica: 15 task force per un totale di 448 persone. Per non parlare dei comitati e dei tavoli. La cornice normativa è imponente: siamo già a 212 atti nazionali secondo Openpolis. Incalcolabili i provvedimenti regionali e comunali. La curiosità è che la moltiplicazione e la sovrapposizione degli esperti avviene anche da parte della forza politica (Cinque Stelle) che ha fatto della riduzione dei parlamentari un inutile cavallo di battaglia. La scuola, lasciata in secondo piano, è un esempio significativo. Altrove riapre per agevolare anche il lavoro dei genitori. Da noi no. Ma si fanno due task force, una per la chiusura e l’insegnamento a distanza, una per la riapertura. Per non parlare poi delle app, delle applicazioni sugli smartphone. Quella nazionale (Immuni) dovrà conciliarsi con le locali, per esempio la AllertaLOM, già scaricata in Lombardia da oltre 800 mila utenti. Sono disorientate le persone che hanno dimestichezza digitale, figuriamoci le altre, in particolare i più anziani.

Il possesso di dati certi e condivisi è fondamentale per la riuscita della fase due in un Paese nel quale il governo non riesce a mandare direttamente una mail o un sms ai cittadini. Se ognuno si sente proprietario dei propri dati, che interpreta a modo suo, è un problema serio. I codici Ateco delle varie filiere produttive non sono sufficienti per sapere chi fornisce chi e, di conseguenza, disciplinare le riaperture. Per fortuna c’è la tanto temuta fatturazione elettronica. La tracciabilità, nel rispetto della privacy, è anche un grande investimento sulla sicurezza, sulla digitalizzazione, oltre che sulla salute.

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