Dai dati Istat un bilancio ancor più nero nei focolai della pandemia

  • Marco Fortis Docente di Economia industriale e commercio estero all’Università Cattolica. Direttore della Fondazione Edison

L’Istat ha aggiornato in pochi giorni e in via eccezionale la banca dati sulla mortalità nei Comuni italiani per tutte le cause di morte nella prima parte del 2020, ampliandola da 1.084 a 1.450 Comuni, allo scopo di offrire uno strumento supplementare di analisi sull’epidemia del coronavirus. Si tratta di una informazione statistica fondamentale perché permette di confrontare per una significativa selezione di Comuni italiani il numero totale dei decessi nelle quattro settimane dal 1-28 marzo 2020 con lo stesso periodo del 2019 (i primi dati diffusi dall’Istat li ho analizzati in due precedenti articoli su HuffPost, coprivano solo il periodo 1-21 marzo).

La selezione di Comuni censita, pur non essendo un campione rappresentativo dell’intera realtà nazionale (mancano importanti Comuni come, ad esempio, nel Nord Italia, Torino), permette di focalizzare l’impatto drammatico del coronavirus nei territori più colpiti ed in particolare nei maggiori “focolai” dell’epidemia. I dati raccolti dall’Istat attraverso le anagrafi, va precisato, si riferiscono a tutte le cause di morte, ma l’incremento dei decessi nel mese di marzo 2020 in molti comuni è così forte che non può che essere attribuito, in massima parte, al Covid-19.

Vediamo di sintetizzare con alcuni numeri chiave le nuove informazioni fornite dall’Istat. Innanzitutto, nei 1.450 Comuni analizzati i decessi nei primi 28 giorni di marzo 2020 sono cresciuti di ben 14.962 unità rispetto allo stesso periodo del 2019. Un incremento davvero ragguardevole, se si considera che esso è avvenuto in sole quattro settimane.

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