Coronavirus, Renzo Piano: «Soffro al pensiero delle mie opere vuote. Mia moglie Milly non mi fa uscire»

di Aldo Cazzullo

Coronavirus, Renzo Piano: «Soffro al pensiero delle mie opere vuote. Mia moglie Milly non mi fa uscire»

Renzo Piano, cosa fa tutto il giorno?
«Sto a casa, come tutti. E faccio l’unica cosa che so fare: lavoro».

Come si è organizzato?
«A seconda dei fusi orari. Ieri ho fatto teleconferenze con il Giappone il mattino e con Los Angeles il pomeriggio».

I cantieri non sono chiusi?
«Sì. Ma chiudere un cantiere è difficilissimo. In quello di Paddington Station, a Londra, lavoravano migliaia di persone. Non ci si può fermare di colpo, bisogna mettere tutto e tutti in sicurezza. In Cina la settimana scorsa ha riaperto il cantiere di Hang-Zhou, la vecchia capitale, sul lago. Poi ce n’è uno che non si è mai fermato».

Quale?
«Il ponte di Genova. È un cantiere straordinario, miracoloso: si stanno montando pezzi da 1.800 tonnellate. Dovevamo finire per il 27 giugno, ci sarà qualche rallentamento, ma grazie al lavoro di tutti, dal commissario al manovale, sarà un segno di quello che riescono a fare gli italiani».

Come funzionano le sue giornate? Come passa il tempo quando non lavora?
«Penso. E pensare mi fa soffrire. Ho ben chiaro di essere un privilegiato: ho una bella casa in una piazza di Parigi. Mi fa soffrire pensare a quelli che una casa non ce l’hanno. E soffro al pensiero che tutto quello che ho costruito è vuoto. In tutta la mia vita ho costruito edifici pubblici, dove la gente possa incontrarsi e condividere valori. Valori alti, quando si parla di biblioteche, auditorium, musei. Sono quasi tutti vuoti. Il Whitney è stato il primo museo di New York a chiudere».

Quali edifici sono aperti?
«Il tribunale di Parigi, l’aeroporto di Osaka. Avevamo quasi finito l’ospedale di Emergency in Uganda, altri tre ospedali sono in costruzione in Grecia, tutti a energia solare, emissioni zero. Poi c’è l’ospedale pediatrico di Bologna. Saranno i primi cantieri a ripartire».

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