Draghi: «Coronavirus, siamo in guerra. Non possiamo esitare, il costo potrebbe essere irreversibile»



Ma Italia, Francia e altri Paesi del Sud premono per importi ingenti finanziati anche con emissioni di debito comune come i Coronabond. Mentre Germania, Olanda e altri Stati del Nord, che si definiscono «frugali» negli investimenti comunitari, frenano.

Una lettera inviata a Michel da nove leader, Giuseppe Conte, il francese Emmanuel Macron, lo spagnolo Pedro Sanchez, il portoghese Antonio Costa, il greco Kyriakos Mitsotakis, l’irlandese Leo Varadkar, la belga Sophie Wilmes, lo sloveno Janez Jansa, il lussemburghese Xavier Bettel, chiede — in aggiunta alle misure di Bce, Commissione europea e Bei — «risorse senza precedenti» e «decisioni di politica fiscale di analoga audacia», tra le quali «uno strumento di debito comune emesso da una Istituzione dell’Ue».

Ma la cancelliera tedesca Angela Merkel, pur dopo aver varato un piano nazionale da ben 1.100 miliardi, ha fatto sapere che il «no» di Berlino a strumenti di debito comune «non è cambiato». Il ruolo di mediatore di Michel con i 27 leader non si annuncia facile nel trasformare oggi in un compromesso concreto l’annuncio, nel precedente summit Ue sempre in teleconferenza, di voler affrontare la pandemia del Covid-19 con la linea della «solidarietà» e del «Whatever it takes» (tutto quello che serve), lanciata proprio dalla Bce di Draghi durante la grande crisi finanziaria. Il presidente del Consiglio europeo, alla vigilia del summit, ha mediato al telefono con Conte, Sanchez e il premier olandese Mark Rutte, dopo essersi consultato precedentemente con Merkel e Macron.

CORRIERE.IT

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