Covid-19: l’arma tecnologica per arginare il virus e gestire il dopo crisi. Come funziona

di Milena Gabanelli e Fabio Savelli

Perché ora che dovremmo usare tutta la tecnologia che abbiamo non lo stiamo facendo? L’ordine, per tutte quelle persone che non svolgono un’attività cruciale a mantenere in piedi il Paese, è di stare in casa. Una regola che in troppi violano, perché stiamo ancora combattendo con le armi del Novecento. Per vincere la sfida a questo virus subdolo bisogna partire dalle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: «Trova il contagiato, isolalo, testalo, tratta ogni caso e traccia ogni contatto». Per fare questo rapidamente le autorità possono chiedere agli operatori mobili di mettere a disposizione i dati in loro possesso, tecnologie efficienti per controllare il rispetto del distanziamento sociale su larga scala, con risparmio di risorse umane delle forze dell’ordine e canali di comunicazione con i cittadini. Tutti i cellulari sono «agganciati» alle celle. La rete, per essere gestita, deve sapere quanti sono attaccati a quali celle e e «chi» è attaccato «dove» (altrimenti le chiamate e i dati non potrebbero arrivare e partire). Quindi in aggregato gli operatori telefonici conoscono la densità per area e gli spostamenti. Dati che vengono già conservati per un lungo periodo in caso l’autorità giudiziaria ne richieda l’utilizzo, vuol dire che è possibile ricostruire velocemente i contatti di ogni singolo contagiato nelle due settimane precedenti. In aggiunta molte applicazioni – come Facebook, Google maps, Mytaxi, Uber, Find-my-phone, Deliveroo – usano il Gps degli smartphone per dare la localizzazione del telefono, autorizzata dal possessore nelle condizioni iniziali. Questa localizzazione è molto precisa (e difatti Uber ti prende all’angolo e Deliveroo ti legge l’indirizzo di casa) e permette comunicazioni mirate geograficamente.

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