Come ai tempi del terrorismo. Non c’è bisogno di una dittatura ma di fermezza

di MICHELE BRAMBILLA

Il governo ha deciso ieri sera di applicare a tutta Italia il decreto dell’8 marzo. La zona rossa viene estesa a tutta la penisola. Era doveroso farlo. Ma occorre che sia una zona rossa vera, cioè controllata dall’esercito e da tutte le forze dell’ordine, le quali debbono impedire gli spostamenti salvo casi eccezionali: non salvo autocertificazioni. La collaborazione dei cittadini è fondamentale, ma non va chiesta: va imposta.
Contro il Coronavirus non abbiamo ancora né un vaccino né farmaci specifici. Abbiamo però un dato di esperienza reale: in Cina, dove il virus è nato e dove si è imposto un isolamento vero, il contagio è sceso fino quasi ad azzerarsi. Anche nella zona rossa che era stata imposta a Codogno e dintorni i contagi erano in calo: ma il decreto di domenica ha sciaguratamente equiparato quella zona, ancora a rischio, al resto della Lombardia.
Come in Cina: bisogna fare come hanno fatto in Cina.

Ho detto queste cose ieri mattina a Radio 24 e mi è stato obiettato che in Cina c’è una dittatura e là si possono fare cose che qui da noi non si possono fare. Ho ricordato allora una frase di Andreotti all’epoca delle Brigate Rosse, sequestro Moro: “Sbaglia chi crede che una democrazia non possa e anzi non debba essere dura, quando occorre”. L’Inghilterra è una grande democrazia ma in tempo di guerra Churchill impose lacrime e sangue per vincere la guerra. Per dire come le “forti raccomandazioni” del decreto di domenica non possano – da sole – bastare, si pensi a quanto ha detto ieri sera al Tg4 Jole Santelli, governatrice della Calabria: ha detto che le risultano almeno diecimila arrivi dal Nord a partire da domenica, ma sono solo duemila quelli che si sono auto denunciati e messi in quarantena.

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