Le regole che ci strangolano. Il Paese è fermo ma la burocrazia non ha fretta

di GIUSEPPE TURANI

L’Italia è un paese che dispone di cinque polizie, una selva di centri di controllo e una magistratura attenta e pronta a indagare e a reprimere. Non dovrebbe quindi aver paura a intervenire, anche con misure straordinarie: se qualcuno dovesse uscire dai binari, non andrebbe tanto lontano.
Tutto questo per dire che possiamo permetterci di nominare dei commissari straordinari che facciano quello che la burocrazia impedisce di fare, scavalcando regole e cavilli. Anzi, forse sarebbe l’unico sistema. Ma non lo si fa. Perché? Due sono le ragioni. La prima: la burocrazia fa così paura che difficilmente un’autorità si azzarda a nominare un commissario, anche per aggiustare un tombino, con pieni poteri di intervento. Meglio stare dentro le regole, se poi si impiegano sei anni per un lavoro di sei ore, che importa? La burocrazia non ha fretta.
La seconda ragione è che è difficile trovare spiriti decisi, disposti a fare in appena sei ore quello che normalmente comporterebbe sei anni. Bertolaso era stato uno di questi, figlio di militari, aveva il piglio giusto. Ma ha passato anni sotto attacco dei politici e ha avuto grane giudiziarie a non finire, risolte (con la sua completa assoluzione) solo da poco, dopo anni di su e giù per i tribunali. Credo che non accetterebbe quell’incarico una seconda volta.

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