Il problema è lui , non i modi di Renzi

Alessandro Sallusti

A furia di gridare «al lupo», pare che il lupo stia arrivando e abbia la faccia di Matteo Renzi, che disertando la riunione di ieri sera del Consiglio dei ministri ha di fatto aperto una crisi di governo.

È presto per dirlo, ma per un attimo facciamo finta che sia così, che Giuseppe Conte a ore salga al Quirinale per prendere istruzioni sul da farsi. Tre le ipotesi: gettare la spugna e provare a passare la mano a qualcun altro, andare alle Camere e chiedere plasticamente la fiducia sperando in una marcia indietro dei renziani, avviare un rimpasto sostituendo in corsa i ministri (e i parlamentari) di Renzi con un nascente gruppo di responsabili. Tutte e tre le ipotesi ruoterebbero attorno all’obiettivo di provare a salvare la legislatura ed evitare il ritorno alle urne. Ipotesi questa che sbatte però contro il monito più volte lanciato dal presidente Mattarella: «Io vi avviso, dopo questo governo ci sono solo le urne». Gli accadimenti politici degli ultimi anni ci hanno però abituato al mai dire mai e il tentativo di restare in qualche modo in sella non è da escludere. La sola ipotesi però di un terzo governo Conte in meno di due anni è da brividi. Dopo aver fallito prima con la Lega e poi con il Pd è chiaro che qualsiasi cosa il premier si inventi non ci sarà un due senza tre.

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