L’Italia “scopre” il virus del precariato

Conte in visita allo

Il traguardo raggiunto dallo Spallanzani di Roma – dove una squadra composta soprattutto da donne è riuscita a isolare il nuovo coronavirus cinese – sta avendo un “effetto collaterale” che fa riflettere sullo stato di (in)consapevolezza del nostro Paese sul tema della ricerca. È come se la politica e i media scoprissero oggi un altro virus: quello del precariato, un calvario che chiunque abbia un minimo di esperienza – diretto o indiretta – sa benissimo essere lo scheletro fragile su cui si regge il sistema italiano. Uno scheletro che resiste e porta grandi risultati – come quello sul virus cinese – anche grazie alla passione e alla determinazione di migliaia di precari, giovani e meno giovani. Perché alla stabilizzazione, quando ci si arriva, sulla torta ci sono di solito tra le 40 e le 50 candeline.

È un mix di passione, ostinazione e resilienza quello che ogni giorno manda avanti gli Istituti italiani. Un mix che la politica sembra scoprire oggi, sull’onda mediatica del coronavirus. Ad aumentare il fascino di questa storia, poi, c’è il fatto che il team dello Spallanzani sia guidato da una donna, Maria Rosaria Capobianchi, e composto quasi interamente da donne: donne che – altra incredibile scoperta! – possono avere menti lucide e cervelli brillanti. E malgrado ciò essere ancora precarie, come è il caso di Francesca Colavita, trentenne di Campobasso che da quattro anni lavora nel Dipartimento di Virologia dello Spallanzani con un contratto a tempo determinato da circa 20mila euro l’anno. Data di scadenza: novembre 2021.

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