Giornata della memoria, gli ebrei: “In Italia al sicuro ma dal resto d’Europa fuggiamo”

di GIOVANNI ROSSI

Roma, 27 gennaio 2020 – Pronto, Riccardo Pacifici? Qui è QN.
“Eccomi. Però lo sapete che non sono più il presidente della Comunità ebraica romana”.
Per la Giornata della Memoria la ascoltiamo lo stesso. Lei è notoriamente alternativo.
“La Giornata della Memoria è un’operazione di conoscenza e di semina contro l’ignoranza e l’indifferenza. Perché i malvagi nella storia sono sempre esistiti, ma sono gli indifferenti a consentirne l’affermazione”.
Come celebra il ricordo?
“In questo momento sono in visita al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau alla guida di un gruppo di ottanta persone. Ho 56 anni e sono trent’anni che vengo qui dove morirono mio nonno, di cui porto il nome, e mia nonna Wanda, ognuno all’insaputa dell’altro”.
Racconti.
“Mio nonno fu catturato a Genova. Mia nonna a Firenze, venduta da un delatore agli squadristi della Banda Carità: si chiamavano proprio così. Per fortuna mio padre e suo cugino furono salvati dalle suore di Santa Marta e poi dalla Brigata ebraica”.
Come si esce dalla visita a un campo di sterminio?
“Diversi da come si è entrati. Necessariamente coinvolti. Anche i più distaccati alla fine ‘sentono’ l’unicità della tragedia”.
Magari da lì tutto assume un peso relativo, però scritte antisemite come quella a Mondovì sul portone della defunta deportata Lidia Beccaria Rolfi (peraltro neppure ebrea) quanto devono preoccuparci?
“Non sarò certo io a minimizzare, ma a costo di andare controcorrente trovo giusto dire che la situazione degli ebrei in Italia – e qui intendo il loro rapporto con lo Stato, le istituzioni, la società, le forze dell’ordine – è cambiato in meglio negli ultimi quarant’anni. E pure di molto”.
Faccia un esempio.
“Nel 1982, quando diedi la maturità, alla mia ’strizza’ di 18enne sotto esame dovetti aggiungere l’ostilità della commissaria esterna – una prof siciliana – perché avevo chiesto di tutelare il mio shabbat. Fu molto astiosa. “È il primo ebreo che vedo”, provò a giustificarsi”.

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