La paura viaggia sul tortellino

Ecco, ce l’ha fatta. Non ha la faccia del condannato in attesa di giudizio, ma del lupo che sente l’odore del sangue: “Per la libertà sono pronto alla prigione”. Chi l’avrebbe mai detto che qui a San Giovanni in Persiceto, uno di quei paesotti che evocano Peppone e Don Camillo, che uno come Salvini avrebbe usato proprio le parole di Guareschi per suggellare la scena finale di questo teatro dell’assurdo: un presunto sequestratore di anime che si accusa per intercettare il senso comune. E per liberare l’Emilia dalla sinistra, come se questa terra fosse essa stessa una “prigione”.

Il bar alla destra del palco ha già le frappe dell’imminente carnevale. Di fronte seicento persone applaudono, “Matteo, Matteo”. Poco più in là, nella piazza accanto ci sono trecento sardine, autoconvocatesi stamane. Resta questo dell’Emilia come ce la ricordiamo sin dai tempi in cui Peppone la sera del voto doveva capire solo se vinceva di tanto o tantissimo: tanta partecipazione civile, anche col freddo (il meteo sull’I-phone segna due gradi), due piazze opposte senza bisogno di polizia, che pure c’è ma non serve. Ma questa è la campagna, per la prima volta, delle due Emilie, che, per una serie di circostanze, congiunture astrali, errori politici, vento dei tempi si è trasformata in uno stress test del conflitto tra Palazzo e Popolo. O, se preferite, tra una diga e un’onda. Magari tiene la diga, ma, appunto, è solo una diga che difende. Sentitelo Salvini, proprio in queste piazze, rinfacciare alla sinistra la codardia, mentre inneggia al suo processo, orgoglioso dell’accusa di aver violato la legge, perché sa che qualunque verdetto sarà ribaltato dal tribunale del popolo (o del populismo). Sentitelo: “Questi del Pd non mettono neanche la faccia sulle proprie idee. Io invece vado in tribunale a testa alta in nome del popolo italiano. Se mi arrestano devono trovare un carcere bello grande per tenerci dentro tutti”.

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