Oxfam, le diseguaglianze si accentuano. Duemila Paperoni più ricchi di 4,6 miliardi di persone

Immagini forti che tali rimangono perché negli ultimi tre decenni la crescita economica su scala globale che pur c’è stata, non ha avuto affatto un carattere inclusivo. Reddito e ricchezza salivano, ma si fermavano al top della piramide. Non solo. Appena il 4% degli introiti fiscali deriva da forme di tassazione della ricchezza. Ben diversa da quella sul reddito. E’ un po’ pochino. Certo le cose cambiano da Paese a Paese, ma che la redistribuzione sia lontana da un livello equo è evidente.

E in Italia? Esistono e persistono diseguaglianze. Ecco i dati. A metà 2019 la quota di ricchezza in possesso dell’1% più ricco superava la quota di ricchezza complessiva detenuta dal 70% degli italiani più poveri sotto il profilo patrimoniale. Ricchi e poveri. Ma ciò che colpisce è che nell’ultimo ventennio la ricchezza dei più facoltosi è salita del 7,6%, quella del 50% dei più poveri si è ridotta del 36,6%. Una redistribuzione al contrario. E non è che in fatto di reddito le cose stiano diversamente. D’altra parte le retribuzioni in media son tutt’altro che salite (anche se non tutte). Tant’è che nel 2018 l’indice di Gini, che misura le diseguaglianze, collocava l’Italia al 23° posto nella Ue a 28. Paese ineguale insomma.

Oxfam, le diseguaglianze si accentuano. Duemila Paperoni più ricchi di 4,6 miliardi di persone

E a pagare queste nuove diseguaglianze, questo ci mostra Oxfam ma in parte lo vediamo tutti i giorni, sono le nuove generazioni. E le donne. Più povere in fatto di ricchezza, retrtibuzioni e pensioni. Perché? Perché l’Italia è caratterizzata da una peristenza delle condizioni economiche da una generazione a quella successiva. Un Paese immobile, anche sotto il profilo patrimoniale. Come dire che l’ascensore sociale è rotto. E per ora non è in riparazione. Il figlio di un dirigente ha un reddito annuo superiore del 17% rispetto a quello percepito dal figlio di un impiegato anche se hanno avuto gli stessi percorsi formativi. Sempre che a scuola e all’università quest’ultimo ci arrivi, perché il fenomeno degli abbandoni scolastici è in crescita da due anni dopo un decennio di discesa. Peggio di noi in Europa fanno solo Spagna, Malta e Romania.   

“Siamo indietro rispetto all’Europa – sostiene Elisa Paciotti, direttrice campagne Oxfam Italia- le famiglie a basso reddito in Italia non possono supportare e sostenere un figlio nel percorso scolastico soprattutto quando si presenta un intoppo, un problema. Non ci sono supporti scolastici pubblici capaci di occuparsene sostenendo le famiglie. Ecco perché l’abbandono scolastico è così alto e perché abbiamo un così alto numero di giovani che non studiano e non lavorano. O se lavorano, e questo è un altro problema, lavorano per una paga risibile e meditano di partire in cerca di un futuro migliore. Oltre il 30% dei giovani occupati guadagna meno di 800 euro al mese mentre il 13% degli under 29 versa in condizioni di povertà lavorativa”. Poi ci si stupisce che il tasso di natalità in Italia sia così basso.  

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