Donald e le armi a doppio taglio

Fausto Biloslavo

Il presidente americano Donald Trump è riuscito, nel giro di tre mesi, a lasciare campo libero a turchi e russi in Siria e a rischiare di farsi rimandare a casa dall’Iraq, dove gli iraniani la faranno da padroni, le aree più calde del Medio Oriente.

Un genio, solo nel caso sia un’innovativa strategia machiavellica per ritirarsi da posti rognosi senza annunciarlo e facendolo per cause di forza maggiore.

Il parlamento iracheno, su proposta del primo ministro, il nostro «alleato» Adil Abdul Mahdi, ha dato la luce verde al governo per sbattere fuori le truppe straniere dall’Iraq compresi i nostri soldati. L’eliminazione del generale Qassem Soleimani ha prodotto il primo disastroso effetto e non è l’unico. La coalizione alleata a guida americana con il quartier generale a Baghdad ha già sospeso il programma di addestramento delle truppe locali concentrandosi sulla difesa delle basi a stelle e strisce nel mirino della rappresaglia delle milizie sciite. E non combatte più contro i resti dello Stato islamico avendo altri pericoli da affrontare e trovandosi una bella fetta di forze armate irachene «alleate», di stampo sciita, inferocite per l’uccisione di un generale carismatico.

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