Stop violenza donne, Mattarella: “Molto resta da fare, clima alimentato da discriminazioni”


La violenza economica

Quest’anno la mobilitazione ha come fil rouge quello della violenza economica, una tra le forme più subdole di aggressione e di ricatto. In un Paese dove una donna su due non lavora, dove alla nascita del primo figlio il 30 per cento delle madri abbandona (o viene costretta ad abbandonare) la sua occupazione, dove dopo una separazione il 60 per cento delle “ex” si ritrova nell’indigenza, il ricatto economico di mariti e partner è diventato un’emergenza sociale. La ministra della Famiglia, Paola Bonetti, ha annunciato lo stanziamento di un milione di euro, da erogare attraverso il microcredito, alle donne che cercano di ricostruirsi una vita quando escono dai centri antiviolenza, quando fuggono da partner pericolosi, quando sono costrette ad abbandonare la propria casa. 

Un caso ogni quarto d’ora

La sudditanza economica che tiene le donne in condizioni di libertà negata è spesso alla radice della violenza fisica, anche questa con numeri da capogiro. Ogni 15 minuti in Italia si registra un episodio di stalking o maltrattamenti. E sono 96, dal primo gennaio 2019, le donne uccise da fidanzati, mariti, compagni. Una ogni tre giorni. Spesso vittime di uomini che le considerano loro proprietà, spesso rimaste senza tutela malgrado denunce ripetute.

Mentre si calcola siano circa 2mila gli orfani dei femminicidi. Un dramma nel dramma quello delle famiglie costrette ad allevare in solitudine questi bambini, perché la legge varata in loro difesa ormai tre anni fa è rimasta lettera morta per la mancanza dei decreti attuativi e il blocco dei fondi. Fino all’annuncio di questi giorni del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che ha annunciato la disponibilità da oggi di 12 milioni di euro.

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Codice rosso a doppio taglio

A tre mesi dall’approvazione il Codice rosso, nato a tutela delle donne vittime di violenza domestica, fa registrare il raddoppio delle denunce ma divide i tribunali. Perché se da un lato ha inasprito le pene e introdotto nuovi reati importanti come il revenge porn, dall’altro ingolfa le procure con l’obbligo di sentire per due volte la vittima entro 72 ore dalla notizia di reato. Un’anomalia che spesso è dolorosa anche per le stesse vittime. E fa dire ai magistrati in prima linea, scettici su una riforma a costo zero e a risorse invariate (anche quelle per il personale) che “se tutto è urgente nulla lo è davvero”.  

Il pregiudizio nella testa

La lotta alla violenza, ripetono le femministe, deve partire addirittura dagli asili nido, perché la prevaricazione è frutto di una cultura ancora intrisa di pregiudizi. Che arrivano al cuore delle istituzioni se è possibile trovarne traccia anche in molte sentenze di tribunale, come racconta attingendo al suo archivio personale e doloroso la giudice romana Paola Di Nicola. Oltre al potenziamento della rete dei centri antiviolenza e delle case rifugio, presidi sul territorio spesso lasciati soli nella loro battaglia.

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