L’eredità di Mario Draghi alla Bce

Andrea Muratore

Il primo giorno di novembre Mario Draghi si è congedato dagli uffici dell’Eurotower di Francoforte per lasciare alla francese Christine Lagarde il ruolo di governatore della Banca centrale europea (Bce). Molto tempo è passato da quel tormentato autunno 2011 in cui l’ex governatore della Banca d’Italia assunse le redini della Bce dopo la fine confusionaria e inefficace della gestione di Jean-Claude Trichet

Dopo un esordio in sostanziale continuità con il predecessore e un’interiorizzazione dei meccanismi e delle logiche di comando a Francoforte Draghi ha impresso, dal 2012 in avanti, un’accelerazione alla sua azione. Il “Whatever it takes” del 2012 ha segnato, in tal senso, la svolta: Draghi si è affermato come decisore economico ma, soprattutto, politico di primo livello in Europa. Sfidando le logiche dell’austerità di stampo tedesco che stavano portando al tracollo della moneta unica. Dimostrando, col quantitative easing, di possedere quantomeno una visione realista della crisi in atto. Trasformando l’Eurotower nel centro di potere più efficace in Europa. E dopo otto anni è tempo di bilanci.

Il primo Qe: schiaffo all’austerità?

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