Meglio che Gentiloni non vada agli Affari economici

Parleremo nel seguito, spesso, di italiani non per affermare un italo-nazionalismo rivendicativo, minaccioso e rancoroso ma per sottolineare che il nostro Paese per cultura e risorse umane, economia e innovazione è una componente essenziale della Costruzione Europea con un potenziale ruolo che solo altri due Paesi, e cioè Francia e Germania, già hanno e che la Spagna si approssima a conseguire in ascesa mentre l’Italia aveva abbandonato in discesa. Il sistema europeo funziona molto sulle rappresentanze paritetiche dei Paesi membri ma nei fatti si assiste poi ad inversione di ruoli dove piccoli Paesi contano più di grandi Paesi. La ragione è che spesso i piccoli sono più organizzati di alcuni grandi come l’Italia

La presenza italiana nella Commissione europea

La prima prima “casella” organizzativa è istituzionale e riguarda il nuovo Commissario italiano. Paolo Gentiloni ha una caratura molto alta essendo forse la prima volta che un grande Paese europeo candida un ex presidente del Consiglio. Per ora sembra che il Conte-Gentiloni punti al “dicastero” (denominazione impropria ma chiara) per gli affari “economici, finanziari e monetari”. E’ un obiettivo che non ci convince proprio perché dati i nostri conti pubblici si metterebbe Gentiloni in una posizione molto difficile. I temi del Patto di stabilità saranno presidiati con grande competenza dal Ministro dell’economia Roberto Gualtieri. Inutile avere due italiani nello stesso settore.

Sarebbe assai meglio puntare su un “dicastero” per l’economia reale, sia perché in quello nessuno potrebbe obiettare al ruolo italiano ma anche perché lì Gentiloni potrebbe diventare il capofila dei Commissari e dei Paesi che vogliono una Ue più coraggiosa sugli investimenti materiali ed immateriali. Quindi “dicasteri” come “Occupazione, crescita, investimenti e competitività” o come “Mercato interno, industria, imprenditoria e PMI” sarebbero più utili all’Italia, anche come paese co-leader manifatturiero (assieme alla Germania) nella Ue. Da uno dei due dicasteri si avrebbe anche un ruolo più incisivo sul bilancio comunitario e sulla attività della Banca Europea degli investimenti in relazione al Piano Juncker. Quanto al dicastero “Concorrenza” interessa più alla Francia che a noi per le fusioni tra macro-imprese.

La presenza politico istituzionale italo-europea

La nostra presenza si deve però articolare nella Ue anche in altre filiere di cui abbiamo parlato spesso. Vi è quella nel Consiglio dei ministri europei che con il Parlamento europeo (del quale non trattiamo oggi ma dove l’Italia conta) esercita la funzione legislativa e di bilancio nell’ambito della Ue. Attuamente la declinazione del Consiglio e su dieci “formazioni” ciascuna delle quali svolge funzioni ad hoc (da Ecofin a energia ,istruzione ecc). Poiché non è sempre possibile che un Ministro italiano riesca a seguire con piena attenzione sia i problemi interni che quelli europei, abbiamo spesso sostenuto che ogni dicastero si doti di un viceministro o sottosegretario interamente dedicato agli affari europei. Quindi già con provata esperienza nel campo e possibilmente capacità di raccordarsi con le Commissioni del Parlamento europeo, con le direzioni generali e la tecnostruttura della Commissione europea dove gli italiani hanno raggiunto per propri meriti di competenza e serietà livelli molto alti. Un esempio è dato da Marco Buti che è stato per più di dieci anni direttore generale per gli affari economici e monetari con una riconosciuta competenza che dovrebbe oggi essere utilizzata nel board della BCE. L’assioma che uno vale uno e che la competenza non conta perché in democrazia contano solo i voti è una ingenuità ora in parte compresa anche dal M5S che forse, sia pure con le sue scelte politico-ideologiche, ha capito che i voti servono anche per sostenere le competenze capaci di portare ai risultati desiderati.

La presenza politico progettuale italo-europea

L’Italia deve infine riprendere un ruolo progettuale di lunga lena che difficilmente più essere assunto dal Governo in carica e dal Commissario Italo-europeo. A tal fine riteniamo che andrebbe creata dai poteri istituzionali in carica della Repubblica italiana, una Commissione indipendente per riprendere il Libro Bianco del Presidente Juncker della primavera del 2017. Con i suoi cinque scenari e progetti sul Futuro dell’europa il Libro Bianco, unitamente al rapporto del 2015 dei 5 presidenti (della Commissione europea,della BCE,del Parlamento europea, dell’eurogruppo, del Consiglio Europeo, tra i quali Mario Draghi ha avuto un ruolo cruciale) sul  completamento dell’Unione economica e monetaria, sono la base per delle riforme incisive della Ue e della Uem alle quali l’Italia deve prestare la massima attenzione. I prossimi 10 anni saranno cruciali per far progredire la eurodemocrazia come sistema a se stante dove federalismo, confederalismo e funzionalismo si combinano. Tale commissione italo-europea dovrebbe rimanere in carica fino al 2023-24 cioè fino alla fine delle legislature italiana (forse) ed europea (certamente). Sarebbe un segnale ulteriore forte che l’Italia è in Europa non come questuante gregario ma come attore progettuale.

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