Governo, ricucire dopo anni di contrasti (e con proposte meno vaghe)

Il clamoroso errore di Salvini

Ora, in politica nulla è per sempre e tutto può succedere. Il clamoroso errore di Salvini, che ha mostrato chiaramente i suoi limiti, il voltafaccia di Renzi e la pertinace resistenza dei parlamentari hanno prodotto in pochi giorni una svolta che avrebbe richiesto mesi di dialogo, come quelli che in Germania hanno partorito la Grande Coalizione tra la Merkel e i socialdemocratici (che è in realtà un centrosinistra). Pd e 5 Stelle non hanno tutto questo tempo. Ma più sono distanti le posizioni di partenza tra i due partiti che stanno trattando il nuovo governo, più dovrebbero essere precisi i termini di un accordo. Invece finora si sono sentiti punti talmente vaghi che chiunque potrebbe farli propri. Democrazia parlamentare, ambiente, bene comune: come ha notato Paola Taverna, grillina verace, «manca solo la pace nel mondo». Anche sulla manovra, che pure non sarà una passeggiata, non si è sentito molto, oltre alle solite formule: evitare l’aumento dell’Iva, rilanciare gli investimenti, tagliare gli sprechi. Sì, ma quali? E come? Il Pd fa sapere di avere pronta la sua legge di bilancio, e pure i grillini sono a buon punto con la loro. Però, se davvero stringeranno il patto, ne dovranno fare una sola. Insieme.

Molti motivi di contrasto

L’esperienza fallimentare dei gialloverdi è lì a dimostrare che non si governa il Paese con un contratto, in cui ognuno fa confluire i propri desideri chiamandoli programmi. Tra la sinistra riformista e il Movimento populista (ma lo si potrà ancora definire così?) i motivi di contrasto sono molti. E non riguardano soltanto la Gronda o l’accoglienza dei migranti (sui quali finora Di Maio aveva votato e talora parlato come Salvini). C’è una distanza di linguaggio e di cultura politica, che i 15 voti grillini all’Europarlamento decisivi per l’investitura di Ursula von der Leyden hanno accorciato ma non colmato. A dire il vero, un terreno di incontro si va profilando. È quello della spesa pubblica. A partire ovviamente dal reddito di cittadinanza. Tanto — è il ragionamento — l’Europa chiuderà un occhio, visto che in cambio noi terremo lontano Salvini. Ma i mercati, e probabilmente anche la Germania, non si accontenteranno di questa garanzia. C’è da augurarsi che un eventuale governo orientato a sinistra (vale a dire in controtendenza rispetto agli ultimi test elettorali) non pensi di finanziare la sua politica economica, e di ripianare i dissidi interni, aumentando la pressione fiscale sul ceto medio. Già stare al governo con un’opposizione di centrodestra ben oltre il 40% non sarebbe facile. Se poi, a suon di tasse, all’opposizione passassero tutti i produttori del Nord — già adesso non molto ben disposti —, allora il Salvini oggi caduto nella sua stessa trappola troverebbe un facile appiglio per uscirne.

CORRIERE.IT

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