Un percorso europeo per le riforme italiane

di   Maurizio Ferrera

Il governo uscente ha avuto con la Ue un rapporto teso e conflittuale. Nel dicembre 2018 abbiamo rischiato la bocciatura della legge di Stabilità, schivata solo «grazie» alle tristemente note clausole di salvaguardia sull’Iva. Nella primavera scorsa abbiamo evitato per un soffio la procedura per debito eccessivo. I due partner di maggioranza (soprattutto Salvini) s’illudevano di poter cambiare gli equilibri politici europei nelle elezioni dello scorso maggio. Guadagnando così «licenza di spendere». Nonostante il successo della Lega, l’operazione dei sovranisti è fallita. La nuova Commissione avrà infatti il sostegno dei partiti tradizionalmente europeisti: popolari, socialisti e democratici, liberali. Sarebbe sbagliato però dire che la Ue è rimasta quella di sempre. La nuova legislatura sarà sicuramente meno «austera» delle due precedenti (Juncker e Barroso), meno orientata alla stabilità fiscale in quanto tale e più aperta verso i temi della crescita, dell’occupazione, della sostenibilità ambientale e sociale. Lo testimoniano innanzitutto i programmi dei partiti che ora formano la maggioranza a Strasburgo. Rispetto alle elezioni del 2014, essi hanno formulato proposte precise su tutti questi fronti (si vedano le analisi su www.euvisions.eu). Il segnale più forte viene tuttavia dall’«Agenda per l’Europa» preparata dalla neopresidente Ursula von der Leyen per il prossimo quinquennio

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