La mossa del Pd: «5 condizioni per il governo con i Cinque Stelle»

Il nodo del nome del premier

Sarà un Conte bis il governo che eventualmente verrebbe sostenuto da M5S e Pd? O la “forte discontinuità” con il passato invocata da Zingaretti esclude di fatto un coinvolgimento nell’esecutivo giallo-rosso del premier dimissionario? Oppure, in alternativa, M5S e Pd accetteranno un altro nome esterno a partiti (si è molto parlato di Raffaele Cantone) per guidare il governo di legislatura? Tutto questo riguarda il secondo passo che Pd e M5S devono compiere davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che giovedì pomeriggio ascolterà prima la delegazione del Pd e poi quella del M5S. Ma Zingaretti nel pomeriggio chiarisce la posizione: «Discontinuità vuol dire che ovviamente non vogliamo e non possiamo entrare in un governo che propone il Conte bis, il proseguimento di un governo che abbiamo combattuto. Tutti si facciano carico della necessità di avviare un nuovo governo».

Lista dei ministri

Il terzo “step” riguarderebbe la lista dei ministri con una preclusione, in nome della “discontinuità”, per tutti gli ex. E se il ragionamento varrebbe per tutti gli “uscenti” (Di Maio, Toninelli, Bonafede, etc), la regola si applica agli ex dei governi Renzi e Gentiloni, come Graziano Delrio e Roberta Pinotti. Matteo Renzi, che non ha partecipato alla direzione, ha detto che lui “orgogliosamente” non farebbe parte del nuovo governo e ha anche sconsigliato i suoi fedelissimi, Maria Elena Boschi e Luca Lotti. Con queste premesse, però, non si capisce bene dove reperire nomi spendibili sulla sponda grillina e dove trovare nomi di mediazione digeribili da tutte le anime del Pd.


Tempi stretti e opzione urne

All’inizio di questa XVIII lesgislatura, M5S e Lega hanno avuto quasi tre mesi di tempo per annusarsi e avvicinarsi prima di stipulare il famigerato contratto di governo. Oggi l’accordo politico possibile tra M5S E Pd ha, per così dire, “le ore contate”: o nasce e viene perfezionato nei prossimi giorni oppure al capo dello Stato non resta che sciogliere le Camere e fissare le elezioni per fine ottobre. Ma questo scenario il segretario Zingaretti – che viene indicato dai renziani come un complottista che ben prima dello scoppio della crisi aveva stretto un patto con Salvini per andare alle urne il 27 ottobre – lo ha messo nel conto: «In assenza di una chiara e solida maggioranza espressione del Parlamento attuale, lo sbocco naturale della crisi è quelle di nuove elezioni».

CORRIERE.IT

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