Il patto segreto sul voto

Augusto Minzolini

Matteo Salvini, che è un appassionato di divise e strategie militari, deve avere studiato nei minimi particolari la Blitzkrieg, la guerra lampo con cui Adolf Hitler conquistò la Polonia il primo settembre del 1939. Oggi come allora, le guerre lampo riescono se vengono attuate quando l’avversario meno se l’aspetta: i generali tedeschi scelsero il primo settembre; Salvini li ha superati, optando per il Ferragosto.

Debbono essere condotte contro un avversario inerme e impreparato e hanno bisogno di un alleato, sulla carta un nemico, che assecondi l’operazione e partecipi alla divisione delle spoglie: all’epoca, il patto Ribbentrop-Molotov, permise alla Germania nazista e all’Unione Sovietica di dividersi la Polonia; in questo caso il nuovo leader della destra, Matteo Salvini, mette in campo un’intesa, sia pure non dichiarata, con il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che punta al voto in tempi brevi per fare fuori i 5stelle e radere al suolo ogni ipotesi di centro moderato prima ancora che rinasca: si tratti di Matteo Renzi; di quel che resta di un’inconsapevole Forza Italia; della potenziale discesa in campo di un Urbano Cairo o chi per lui. «Ci sta! – chiosa l’azzurro Piergiorgio Cortellazzo Salvini nei panni di Ribbentrop. E Zingaretti in quelli di Molotov». L’obiettivo dell’operazione prevede la competizione futura tra la Lega di Salvini, diversa da quella di Bossi, e un Pd targato ex-Ds, dove gli eredi del Pci torneranno a farla da padroni rispetto a uno sparuto gruppo di nipotini di De Gasperi: il primo, forse, si prenderà il Paese da solo (ha già detto che alle urne correrà in solitario) o con qualche nano ininfluente come alleato da mettere in seconda fila nelle «photo op»; i secondi, invece, si accontenteranno di essere egemoni sull’opposizione. Come il Pci di una volta.

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