Perché votiamo se poi fanno quel che vogliono

Alessandro Sallusti

A un anno e mezzo dalle ultime elezioni viene da chiedersi a che serva andare alle urne se il rispetto che i partiti hanno del mandato ricevuto dagli elettori è pressoché zero.

Nessuno pretende una corrispondenza rigorosa e assoluta tra gli impegni presi e i fatti, ma nessuno immaginava possibile uno scostamento così largo, come quello a cui stiamo assistendo, in questa sciagurata legislatura.

Rapida e sintetica carrellata. Chi votò Cinque Stelle in quanto No Tav, No Tap, No Ilva e sì accoglienza agli immigrati si ritrova, complice il suo partito, con i porti chiusi, i cantieri di Tav e Tap riaperti e l’Ilva rilanciata. L’elettore leghista immaginava la flat tax e ha avuto invece, con il sì di Salvini, la sorpresa di dovere finanziare con le sue stesse tasse l’esatto contrario, cioè quel reddito di cittadinanza capolavoro di assistenzialismo. Agli elettori di sinistra Renzi chiese un voto perché il Pd fosse l’argine al grillismo e oggi non pochi dirigenti e parlamentari, eletti anche in forza di quella promessa, si dicono invece disponibili ad allearsi a Di Maio e soci.

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