Carabiniere ucciso, dal 1961 quasi 4 mila le “vittime del dovere”

Roberto Bordi

Il Ministero dell’Interno le chiama “Vittime del dovere“, rigorosamente con la “v” maiuscola. Sono i servitori dello Stato che sono morti, o hanno riportato un’invalidità permanente, in attività di servizio e nell’espletamento delle funzioni di istituto.

L’ultimo in ordine di tempo è il 35enne Mario Cenciello, il vicebrigadiere dei Carabinieri aggredito e ucciso a coltellate a Roma da due criminali stranieri nella notte tra giovedì e venerdì. Prima di lui, a sacrificarsi per la Patria, sono state alcune migliaia di persone, eroi che hanno dato la vita – o rinunciato alla propria integrità fisica – solo per fare il proprio dovere. L’archivio che raccoglie i loro nomi – pubblicato sul sito internet del Viminale – ne riporta la cifra esatta: 3.776. Una lunga lista di uomini (e donne) che nel frattempo si è allungata, dato che l’elenco è stato aggiornato per l’ultima volta il 19 aprile di quest’anno.

Chi sono le “Vittime del dovere”

Come scrive il Ministero dell’Interno, per rientrare tra le vittime del dovere bisogna avere riportato lesioni “nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; in operazioni di soccorso; in attività di tutela della pubblica incolumità; in attività di prevenzione e di repressione dei reati. Tra gli eroi non solo carabinieri, ma anche poliziotti, finanzieri, vigili del fuoco, soldati delle Forze Armate (Esercito, Marina e Aeronautica), dipendenti pubblici (Ministero della Difesa, Ministero della Giustizia, etc.), vigili urbani e privati cittadini”.

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