Quando la Torino-Lione era l'”olocausto”. Il sussidiario degli inutili insulti grillini

Si fece anche di più, e sempre sul blog, paragonando la Tav a un olocausto, «uno sterminio della natura e dei diritti dei cittadini». Anche Gianroberto Casaleggio, che interveniva pochissimo, prima di morire volle ripetere il suo «no» all’opera: «Servono più iniziative, dibattiti, lotta, che aiutino il movimento No Tav a resistere e a vincere. Serve oggi più che mai l’energia di quanti hanno conosciuto questo problema e oggi si sentono no Tav». Per onorarne la memoria, Luigi Di Maio non dovrebbe solo ricordare le parole di Casaleggio, ma le sue per prime: «Le peggiori lobby vogliono che si inizi a fare la Tav. Quando tutti questi signori stanno da una parte, il M5s sta dall’altra». E che dire del presidente della Camera, Roberto Fico? «La Tav è totalmente fallita. La Tav non serve. Meglio riprendere il progetto del Pendolino». Era nulla rispetto al pensiero originale di Manlio Di Stefano, («È inutile spedire le mozzarelle venti minuti prima») o di Danilo Toninelli, («Ma chi se ne frega di andare a Lione!») e ancora meno di quanto sosteneva Carla Ruocco, («La Tav è l’emblema delle logiche politiche del vecchio regime che hanno devastato l’Italia»). E chi lo riconosce questo Riccardo Fraccaro? «Bisogna fermare questa gigantesca truffa. Una trappola ad alta voracità». Tra i parlamentari che più si sono spesi, e contro, ci sono stati i piemontesi Mario Scibona, Alberto Airola, Laura Castelli che rifiutavano di riconoscere la natura terroristica degli attacchi No Tav: «Terroristi ed eversori sono accuse legate da un unico filo conduttore: nascondere e togliere l’attenzione da chi difende la propria terra». In questo libretto rosso anti Tav non si può non citare Alessandro Di Battista, («La Tav? Una stronzata da venti miliardi di euro») e concludere nuovamente con Grillo: «Nulla è più vero o falso quando si parla di Tav. L’uomo, di fronte, ad una cazzata di dimensioni infinite, perde la sua identità». Al M5s, per perderla, è invece bastata la prima dichiarazione ragionevole di Conte.

IL GIORNALE

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