Salvini e la tentazione del voto: possiamo raggiungere il 40 per cento

Pazienza finita

E ancora: «Qualunque scelta prenderò nei prossimi giorni la prenderò per i miei figli e per il futuro degli italiani. Senza pensare a poltrone o ministeri. Non accetterò più di stare al governo con chi dice no a tutto, dall’autonomia alle strade. Non abbiamo bisogno della decrescita felice. Penso alla scelta fatta sul nucleare: oggi tornerei indietro». Quanto all’Autonomia, dice: «Agli alleati dico o si va avanti o non si prosegue». Minacce anche sulla manovra economica: «Vogliamo coraggio. O la facciamo insieme o la Lega la farà da sola». E ancora: «O arrivano tanti sì o non abbiamo tempo da perdere. Non siamo attaccati alle poltrone».
Il ritorno all’ovile del centrodestra non lo entusiasma, anzi viene del tutto escluso al momento. E l’idea di ritrovarsi in una qualunque altra coalizione, figuriamoci con i 5 Stelle, è vista come un fastidio, perché come spiegano in diversi leghisti, gli alleati sono sempre stati una palla al piede che impedisce alla Lega di raggiungere gli obiettivi identitari, a cominciare dall’Autonomia.

I sondaggi

A far muovere le lancette nella direzione di una crisi ci sono i sondaggi. L’ultimo, pubblicato dal Corriere della Sera, dà la Lega al 36 per cento. La vicenda dei rubli non ha avuto alcun effetto. Anzi, ha fatto crescere Salvini. Ma non è tutto. Perché da sondaggi interni e analisi fatte fare ad hoc, risulta che il partito di Salvini, se si andasse al voto ora, potrebbe spiccare il salto e arrivare a sfiorare il 40 per cento. «Andiamo a governare finalmente da soli», gongola un dirigente vicino a Salvini. Scenario tutto da verificare. Ma la tentazione è forte. Quel che è certo è che Salvini, se la crisi precipitasse e si andasse a votare, farebbe una campagna elettorale in splendida solitudine. Sparando contro il Pd «di Bibbiano», ma anche contro i 5 Stelle. Non solo. La Lega farebbe saltare la riduzione dei parlamentari, accontentando così deputati e senatori uscenti, tutti rieletti o quasi.

Il Russiagate

Sullo sfondo di tutto, resta il Russiagate. È vero che per ora non ha avuto effetti concreti. Ma la questione è tutt’altro che chiusa e lo showdown di mercoledì, al Senato, non sarà indolore.
Resta da capire se il passo successivo sarà la rottura o no. Il più tranquillo sul tema, tra i 5 Stelle, è il sottosegretario Stefano Buffagni, che da giorni va ripetendo ai colleghi: «I leghisti abbaiano ma non mordono».

CORRIERE.IT

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