La tagliola di Zingaretti

di Marco Damilano  

La tagliola di Zingaretti

C’era una volta il cuore rosso collocato nell’Italia di mezzo, come lo aveva definito il sociologo Francesco Ramella, un mondo immobile, collocato nel centro del Paese. Quel reticolo di cooperative, amministrazione, sindacato e partito che sembrava estraneo alle epoche, immune ai cambiamenti nazionali, neppure sfiorato dalla Prima Repubblica dominata dalla Dc e dalla Seconda del bipolarismo incerto e inquieto. Le uniche incognite, alle elezioni regionali o locali, riguardavano le percentuali di consenso del Pci e delle sigle post-comuniste, se prendevano qualche punto in più o in meno rispetto alle precedenti elezioni. Poi le cose si misero a correre, anche da quelle parti, più di dieci anni fa. Anche se le sconfitte elettorali sembravano solo episodi, accolti con indifferenza dai gruppi dirigenti locali e nazionali. Nel 2007 il centrodestra espugnò per la prima volta in Umbria la roccaforte di Todi, sembrò una bizzarria, oggi suona come un sinistro precedente perché nel 2017 la destra è tornata a vincere, dopo aver espugnato Perugia e prima di vincere anche a Terni, e la sindaca uscente di dodici anni fa era la allora quarantenne Catiuscia Marini, oggi costretta a dimettersi da presidente della Regione Umbria del Pd per uno scandalaccio di raccomandazioni sulla sanità pubblica. Arresti, intercettazioni. La candidata brava che non deve passare e quella segnalata che deve entrare. «La Cataldi ha fatto una bella prova, ma ce n’è un’altra che sta andando molto molto bene», si allarmano i responsabili della commissione d’esame, chiamati a eseguire l’ordine: mettetela dentro.

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