Tre idee sulla Cina (senza sottovalutarla)

 La seconda: mai sottovalutare la nuova Cina. Ha costruito un formidabile sistema di selezione della dirigenza («ministro Toninelli» sarebbe un ossimoro, a Pechino). I talenti emergenti, che trent’anni fa si rivoltarono contro il partito, vengono mandati a studiare all’estero, poi subito coinvolti. La Repubblica Popolare osserva e ragiona: sta sfruttando la distrazione degli Usa di Trump e l’indecisione dell’Unione Europea. A proposito: sarebbe opportuna un’azione comune, certo. Ma se «una cintura, una via» (yi dai yi lu) fosse passata da Parigi, siamo certi che Macron si sarebbe tirato indietro?

 La terza: la Cina è sensibile, e può diventare permalosa (Dolce & Gabbana lo sanno bene!). Umiliata per secoli, oggi è nella posizione di farsi rispettare, anche in maniera ruvida. Xi Jinping è più di un presidente o un capo di Stato: è un imperatore, e si presenta come tale. Matteo Salvini e Luigi Di Maio — oggi i due uomini più potenti d’Italia — non erano ad accoglierlo al Quirinale. Gli hanno preferito la campagna elettorale in Basilicata. State sicuri: è stato notato.

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