Cosa serve davvero nel rapporto con Pechino

di Franco Venturini

Quel che non dobbiamo fare, davanti alla richiesta cinese di aderire alla «Nuova Via della Seta» , è ripetere l’italica ambiguità del modello Tav: dire sì a Pechino ma con tante vie di fuga per non far arrabbiare gli americani, oppure obbedire al «no» di Trump ma garantire a Xi Jinping, quando il 22 sarà in visita in Italia, che si tratta di una mossa soltanto provvisoria. Il governo gialloverde, se così scegliesse di procedere, confermerebbe ancora una volta di non sapere o di non volere definire l’interesse nazionale italiano. Perché questa volta non stiamo parlando di una pur importante galleria ferroviaria che i 5Stelle chiamano con disprezzo «buco nella montagna», bensì della collocazione del nostro Paese, e dell’Europa, negli equilibri mondiali di domani, in quel «Nuovo Ordine» che sta già nascendo e che saranno Usa, Cina e in minor misura Russia a definire e a tentare di imporre.

La Belt and Road Initiative, ribattezzata Via della Seta in onore di Marco Polo e della Serenissima, dimostra quanto bene la Cina di Xi Jinping abbia capito che le nuove gerarchie mondiali non si disegnano più con la sola competizione militare, ma piuttosto con quella commerciale e tecnologica. Dopo aver fatto del suo meglio per conquistare aree di egemonia in Asia e in Africa, l’ex Impero di Mezzo parte ora all’assalto pacifico dell’Europa con uno sforzo che punta certo alla penetrazione economica, ma possiede tutti gli automatismi necessari per trasformarsi in penetrazione geopolitica.

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