Merkel prepara il G20: una rete con gli alleati dell’Asia per isolare il rischio Trump

alessandro alviani
berlino

«Cinque settimane passano in un batter d’occhio, sebbene in cinque settimane possano succedere molte cose», spiegava alla vigilia del G7 di Taormina un’alta fonte del governo tedesco, che esprimeva fiducia sulla possibilità di giungere con gli Usa a un avvicinamento sul clima in vista del G20 di inizio luglio ad Amburgo. La prima delle cinque settimane è stata segnata dal definitivo tramonto dell’illusione che Trump potesse «crescere» nei panni di presidente degli Stati Uniti una volta arrivato alla Casa Bianca. Un’illusione che rispecchia la vecchia massima dell’ex esponente della sinistra radicale e poi ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer secondo cui «la carica cambia le persone più velocemente di quanto le persone cambino la carica».

 Nonostante la delusione di Taormina e l’insolito strappo di Merkel, però, la Germania non ha intenzione di rassegnarsi all’idea che il G20 sia destinato inevitabilmente a un fallimento. «Se non concordiamo su tutto, il che è stato abbastanza evidente sulla questione del clima al G7, ciò non significa che questi incontri siano inutili: se fossimo d’accordo su tutto non avremmo bisogno di vertici simili, se non si è d’accordo è molto importante discuterne», ha spiegato ieri il consigliere economico di Merkel, Lars-Hendrik Röller, durante il T20 (Think20), una conferenza di think tank a Berlino. Röller è uno degli sherpa che sta preparando il summit. La partita non è ancora chiusa, fa capire: «Il G20 non sarà semplice, sarà impegnativo», ma «è un’opportunità», è convinto.

 

Dei quattro round tra gli sherpa previsti prima del summit del 7 e 8 luglio ne manca ancora uno, che si svolgerà a ridosso dell’appuntamento di Amburgo. È facile immaginare che la Germania proverà a concentrare i suoi sforzi su quell’incontro per arrivare a risultati concreti sui temi su cui verte l’agenda del summit: clima, commercio, Africa e cooperazione allo sviluppo. Röller è stato fin troppo chiaro: manteniamo la nostra agenda, non è che non parleremo di cambiamenti climatici perché non possiamo concordare su questo punto, ha notato. Di solito al G20 abbiamo avuto un comunicato consensuale «e questa dovrebbe essere l’aspirazione anche quest’anno». Non è un caso che in questi giorni a Berlino insistano sul fatto che, per quanto vadano visti non come appuntamenti separati, ma come una vera e propria sequenza strettamente interrelata di incontri, il G7 e il G20 sono e restano due formati differenti. Per dirla col portavoce della cancelliera, Steffen Seibert: «Non è giusto mettere uno contro l’altro o porre l’uno al di sopra o al di sotto dell’altro».

 

Basta analizzare i passi della cancelliera per rendersi conto del fatto che Berlino sta provando da tempo – non solo dal muro contro muro di Taormina messo in scena da Trump – a rafforzare il dialogo coi vari protagonisti del G20. A fine aprile Merkel è stata in Arabia Saudita per discutere anche del summit. Ieri a Berlino ha visto il premier indiano Narendra Modi, annunciando un piano di investimenti da un miliardo di euro l’anno che verterà tra l’altro sui temi delle smart cities, delle energie rinnovabili e dell’industria fotovoltaica. La Germania vuole aiutare l’India ad applicare gli accordi di Parigi sul clima, ha affermato la cancelliera. La quale oggi e domani discuterà del G20 e delle relazioni economiche bilaterali col premier cinese Li Keqiang. Il tutto, però, provando a tenere aperta, nonostante tutto, la porta del dialogo con Washington. È significativo che ieri, al termine dell’incontro con Modi, Merkel abbia sottolineato che il bilaterale con l’India «non è diretto in nessun modo contro altre relazioni e tanto meno contro le relazioni transatlantiche, che sono per noi di grande importanza e lo resteranno anche in futuro».

LA STAMPA

 

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