Roma – Ma Conte esiste, tanto è vero che il 18 settembre andrà a Salisburgo a discutere di immigrazione con gli altri capi di governo europei. Conte esiste: non c’è dossier che non passi sul suo tavolo, e pure la missione Sophia l’ha co-gestita con il ministro Trenta. Conte esiste, infatti è stato il sottosegretario leghista Giorgetti a insistere per incontrarlo e non lui a omaggiarlo l’altro giorno, come racconta qualcuno. Per farla breve: il tam tam di Palazzo Chigi ripete un solo concetto declinandolo in vari modi: il premier non è una leggenda metropolitana o un ologramma. Ma proprio l’insistenza con cui vengono offerte prove della sua presenza denota quanto profondo sia il disagio del presidente del Consiglio di fronte a certa narrazione che lo descrive come un vaso di terracotta soverchiato dai due vicepremier, fino al punto da finire ai margini della scena internazionale, come è successo martedì quando Salvini – incontrando Orbán – ha dirottato su di sé i riflettori che avrebbero dovuto illuminare il summit di Conte con il collega ceco Babis, uscito al contrario dai radar.

Comprensibile l’irritazione del professore che – per uscire dal cono d’ombra – è costretto a far sentire la voce, “chiamando” un coordinamento con i suoi due vice sulla carta, nella realtà azionisti di maggioranza, anche per non arrivare in ordine sparso ad appuntamenti importanti del governo, come l’incontro con gli imprenditori a Cernobbio la prossima settimana. Del resto, il contratto M5S-Lega prevede un “comitato di conciliazione”, ben diverso – si sottolinea – dalle cabine di regia care alla prima Repubblica. (altro…)