Meloni-Rottenmeier, la ratifica del Mes ormai «ineluttabile», le liti da tamponare: sale la tensione nella maggioranza

di Francesco Verderami

La questione più spinosa nella maggioranza di governo è la ratifica del Meccanismo europeo di stabilità. E la premier è ora costretta a dedicarsi alle emergenze interne

 Meloni-Rottenmeier, la ratifica del Mes ormai «ineluttabile», le liti da tamponare: sale la tensione nella maggioranza

La questione più spinosa nella maggioranza è la ratifica del Mes, il meccanismo europeo di stabilità, ovvero il fondo salva Stati incaricato di sostenere con prestiti i Paesi dell’Ue in difficoltà finanziaria. L’Italia è l’ultimo Paese a non averlo ancora approvato, anche se votarlo non equivale ad aderire ai prestiti del Fondo. Già in commissione Esteri sono venute alla luce difficoltà nella maggioranza di governo. Meloni vi si è sempre opposta, ora è pronta a trattare, in cambio di una maggiore flessibilità sul debito. È il leader della Lega Matteo Salvini a essere contrario. E anche quello di Forza Italia Antonio Tajani solleva dubbi. In teoria la ratifica dovrebbe essere discussa a partire dal 30 giugno. Ma sulla questione pesano la tenuta della maggioranza in Aula ed eventuali tensioni con l’Ue.


Finora era sempre riuscita a governare le tensioni e i passaggi più delicati nell’alleanza, «manco fossi la signorina Rottenmeier», sospirava ogni volta Meloni. Dall’altro giorno qualcosa sembra essere cambiato per la premier, in coincidenza con la scomparsa di Berlusconi e a causa di una serie di eventi che stanno facendo sussultare il centrodestra. Così Meloni, che si sentiva obbligata a interpretare il ruolo di «Rottenmeier» — un personaggio del cartone animato Heidi ossessionato dalla precisione — pare costretta a tamponare le emergenze più che impegnata a dettare l’agenda.

C’è stato da gestire l’avvio polemico delle riforme sulla giustizia, sebbene abbia incoraggiato il Guardasigilli Nordio ad andare avanti con un «daje Carlo» pronunciato in Consiglio dei ministri. C’è da valutare lo spinoso «caso Santanchè», che rischia di tramutarsi in un grave problema per il governo, incalzato dalle opposizioni e non coperto da quei pezzi di Lega e Forza Italia che fin dall’inizio della legislatura hanno fatto il controcanto alla premier. C’è da chiudere la trattativa sul Pnrr e da ottenere la sospirata terza rata. C’è da sciogliere il nodo della nomina commissariale per le aree alluvionate della Romagna.

E poi c’è il Mes. La sua ratifica è «ineluttabile», ne sono consapevoli i rappresentanti dell’esecutivo. Ma il passaggio è reso impegnativo perché sovraccaricato dall’atteggiamento di Salvini, che vuole politicamente scaricare su Meloni l’intera responsabilità della scelta: che sia la premier a onorare la cambiale, intaccando la sua «coerenza» sul Meccanismo europeo di stabilità che negli anni di opposizione ha sempre osteggiato. Lo fa capire il capogruppo leghista Romeo, quando rammenta che «noi siamo storicamente contrari. Noi e FdI, credo… Ma se Meloni dirà che serve votarlo, non metteremo certo in difficoltà il governo». Paghi «Giorgia», insomma. Malgrado non tutti concordino con il segretario. Se Giorgetti si riconosce nella linea favorevole al Mes dettata dal suo dicastero, è anche perché non ne può più delle pressioni europee. «Durante le riunioni a Bruxelles — racconta un diplomatico italiano — alcuni lo hanno inseguito persino nei bagni». E ieri il governatore Fedriga si è schierato al suo fianco: «Ratificare il Mes non vuol dire utilizzarlo».

Ma è chiaro che nella Lega decide Salvini, impegnato a farsi valere sulle nomine e sulle scelte politiche per uscire dal cono d’ombra di Meloni, deciso com’è a contare oggi negli assetti di potere per contarsi domani nelle urne. Così il percorso «ineluttabile» è diventato più tortuoso, con quel passaggio alla Camera per nulla ortodosso: non era mai accaduto che una maggioranza disertasse il voto in commissione per evitare di assumere una posizione. Per FdI la figuraccia nel Palazzo era l’unico modo per non fare una figuraccia in Europa e magari sui mercati: si prende tempo confidando che Meloni torni a fare la «signorina Rottenmeier».

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