La vita bugiarda del barman che ha ucciso Giulia Tramontano: le trappole psicologiche e il cinismo tra riti esuberanti della Milano da bere

Simona Buscaglia, Francesco Rotella

MILANO. «Un arrogantello pieno di sé, uno di quelli di cui non ci si può fidare». A chiedere in giro, qui a Senago, oppure a Paderno, dove Alessandro Impagnatiello si trovava con gli amici, il ritratto non è esattamente quello di una bella persona: «La prima volta che l’ho visto ho pensato che fosse un cretino», racconta Emanuele, cugino della donna con cui Alessandro otto anni fa aveva avuto un figlio. «Per fortuna la relazione non è andata avanti visto quanto successo. Giulia invece non l’avevo mai vista. La sera della confessione e del ritrovamento ho detto ai carabinieri di non farlo avvicinare perché lo avrei ucciso con le mie mani». Poi sintetizza con una di quelle parole che non si possono riferire: «Insomma, una vera m…».

L’incontro con Giulia e le bugie di Alessandro, parla l’altra fidanzata del barman omicida: “Lunedì chiesi di quella ragazza, nello zaino ho visto guanti in lattice azzurro”

francesco moscatelli 01 Giugno 2023

Quale baco lavorasse nella testa del giovane barman dall’aria innocente, che shakerava cocktail e menzogne con disinvoltura nella Milano da bere del nuovo millennio, e che per togliersi dall’imbarazzo di una doppia relazione ha ucciso senza esitazione la sua donna con suo figlio in grembo, nessuno lo sa con precisione: non le sue ex fidanzate, che lo hanno scoperto per caso da una foto sul suo cellulare, non i genitori di Giulia che stavano per accoglierlo come un genero e adesso non riescono a darsi pace. Impagnatiello sapeva mimetizzarsi bene nelle stravaganze eccessive della Milano by night, di cui conosceva i riti esuberanti osservati dal bancone dell’Armani Bamboo bar, in pieno centro. Lo si vede in un filmato su YouTube mentre prepara uno dei suoi intrugli tutto preso nel ruolo: il sorriso dolce di un ragazzino che non potrebbe fare male a una mosca.

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E invece, nelle parole della Procura, Ale – così lo chiamavano le sue fidanzate – diventa un «uomo dalla spiccata capacità manipolatoria e ingannatrice». Ma non basta, non è solo questo. Ale era «un po’ sbruffone, anche da ragazzo», raccontano gli amici di Paderno Dugnano, dove Impagnatiello si andava a rifugiare quando smetteva i panni di sacerdote alcoolico dei bar del centro. Nato a Sesto San Giovanni, quando ormai era già da un pezzo l’ex Stalingrado d’Italia, Alessandro era cresciuto con la famiglia a Senago, uno dei paesi che costellano la cintura della grande Milano: non più campagna, non ancora città. Una grande periferia non di rado anonima: «Si muoveva con uno scooterino tutto scassato. Poi da qualche tempo si era comprato un suv, una bella macchina». Il sigillo, anch’esso finto, di un successo effimero che si esauriva dietro al bancone del bar del centro, frequentato da belle donne e “bella gente”. Ale, soprattutto, era un bugiardo, quando raccontava a Giulia di volere un figlio, quando raccontava all’altra, la ex, che invece era tutto finito. «Prima in casa continuavo a guardare la nostra foto di Ibiza, so che non sono stato un fidanzato ideale negli ultimi mesi, dicci solo che stai bene», scrive su un WhatsApp diretto a Giulia ben sapendo di averla appena uccisa e che teneva avvolta in cellophane nel box dietro casa.

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