Con il nuovo Patto rischiamo grosso

Veronica De Romanis

Ieri la Commissione europea ha pubblicato le Raccomandazioni che ogni primavera rivolge ai 27 Stati membri dell’Unione. Nessuna sorpresa per quanto riguarda il nostro Paese: le indicazioni sono sempre le stesse oramai da molti anni. Nello specifico, l’Europa ci chiede di diminuire il debito, aumentare la produttività e rafforzare le politiche attive per il lavoro. La vera novità è il posizionamento rispetto agli altri partner, in particolare di quelli appartenenti all’area dell’euro. L’Italia è l’unica economia che presenta contemporaneamente squilibri macroeconomici eccessivi (insieme alla Grecia) e un debito pubblico non in linea con il Patto di Stabilità e Crescita (insieme alla Francia e alla Finlandia). Come è noto, il Patto con le sue regole che limitano le finanze pubbliche nazionali è sospeso fino a dicembre. Non vi è, quindi – almeno per ora – il rischio di incorrere in un’infrazione. Tuttavia, è necessario prepararsi per quando i vincoli sui conti pubblici nazionali torneranno in vigore a partire dal gennaio 2024.

La Commissione ha presentato una riforma, attualmente in discussione.

La riforma colloca sotto stretta osservazione solo alcuni Paesi, ossia quelli con alto debito e con squilibri macroeconomici eccessivi. L’Italia è la sola in questa situazione, lo si è detto. Ma non è finita qui. Secondo Bruxelles, il nostro debito è l’unico che costituisce un “sostanziale” rischio in termini di sostenibilità (“substantial fiscal sustainability challenge”). In base alla riforma della Commissione, per chi presenta questo grado di rischio e viola le nuove norme, la procedura per disavanzo eccessivo scatta in maniera automatica. Per gli altri, invece, si apre una trattativa in cui i governi possono far valere i “fattori rilevanti”, ossia quegli elementi che impattano sul debito e sul deficit. Tra questi ci sarebbe la Francia. In base alle Raccomandazioni di ieri, il debito francese presenta un rischio di sostenibilità fiscale, ma non “sostanziale” come nel caso italiano. Di conseguenza, non sarebbe sottoposto a una procedura automatica e avrebbe margini di flessibilità. L’Italia sarebbe messa sotto stretta sorveglianza non solo dal punto delle finanze pubbliche, ma anche da quello delle scelte di politica economica. Nel Patto riformato, Bruxelles chiede, infatti, che chi presenta squilibri macroeconomici eccessivi li corregga. Nello specifico, il governo di Roma dovrà includere nel piano da presentare in Europa che – non a caso – viene definito “piano fiscale/strutturale” non solo aggiustamenti fiscali (leggi tagli) ma anche riforme e investimenti. In questo modo, i vincoli del Patto di Stabilità vengono estesi anche alle politiche economiche.

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