Le lacrime di Spalletti dopo lo scudetto e la dedica al fratello Marcello morto

di Monica Scozzafava, inviata a Udine

L’allenatore del Napoli si commuove quando dedica lo scudetto: «A mia figlia Matilde, alla famiglia, che è sempre lì a spingere. A tutti gli amici, a mio fratello Marcello», morto quattro anni fa

Le lacrime di Spalletti dopo lo scudetto e la dedica al fratello Marcello morto

Lo ha vinto sul campo, come voleva. Non nel suo, e il finale è stato incandescente. Spalletti, il visionario, l’allenatore geniale, distende la fronte, libera il sorriso, abbraccia chiunque gli capiti a tiro. Molla i freni dopo una gara tiratissima, si rivolge a Napoli:«Questo traguardo è per te». Ha tutti i giocatori attorno, nello stadio friulano i tifosi dell’Udinese (qui 117 panchine e la qualificazione ai preliminari di Champions) lo hanno offeso per tutta la durata della partita. Agli insulti lui risponde alzando le braccia: il calcio sa essere ingrato, il suo è anche lo scudetto della rivincita. Al triplice fischio di Abisso non si aprono le danze alla Dacia Arena, la festa è rovinata dall’invasione di campo: lo scudetto è servito in trasferta, il finale è rissa. De Laurentiis è a Napoli tra la sua gente: «Una gioia immensa», la sua gioia è incontenibile. Sciarpa azzurra al collo, dice ai tifosi del Maradona: «Mi avete sempre detto noi vogliamo vincere, lo abbiamo fatto tutti insieme. Lo rifaremo ancora, ci manca la Champions e la conquisteremo. Stasera ci vorrebbe Modugno per cantare: Meraviglioso».

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L’interminabile attesa è finita, capitan Di Lorenzo urla: «Siamo campioni d’Italia» con l’ultima vocale ripetuta oltre l’inverosimile. Gli vanno incontro gli altri compagni: braccia al cielo, sorrisi, applausi come se non ci fosse un domani. L’euforia tocca picchi altissimi, nonostante la tensione. Lui, il grande vincitore Spalletti resta in campo. «La felicità è un attimo fugace» ripete, ed è talmente forte l’emozione che stavolta un po’ si lascia andare. È l’ottavo allenatore dell’era De Laurentiis in serie A, il primo a vincere. Risponde così, con la gioia esagerata, a quell’etichetta di uomo spigoloso che pure a Napoli si era portato addosso. «Il problema per quelli abituati a lavorare duramente sempre, come me — dice — è che non riescono a gioire totalmente nemmeno delle vittorie. Bisogna di nuovo lavorare». Quando vinse allo Zenit con una temperatura polare sfilò in campo a torso nudo. La sua prima volta a 64 anni in Italia è il traguardo della maturità e della commozione («ho dedicato tutto il mio tempo a questi ragazzi»), soprattutto quando alla fine arriva la dedica agli affetti più cari: «A mia figlia Matilde, alla famiglia, che è sempre lì a spingere. A tutti gli amici, a mio fratello Marcello». E a quel punto Spalletti, nominando il fratello scomparso 4 anni fa, si commuove e in lacrime lascia la postazione dell’intervista. Riavvolge il nastro e per una notte vive intensamente e senza limiti. Il bagno di spumante nello spogliatoio è un rito inedito per questo Napoli, viene ripetuto più e più volte mentre sui cellulari arrivano le immagini dal Maradona: una città impazzita. IL NAPOLI È CAMPIONE D’ITALIA 2022/2023

Alla Dacia Arena festeggiano gli oltre 13 mila napoletani arrivati in mattinata, poi quando a tarda sera la squadra torna in hotel (rientrerà a Napoli in mattinata) anche lì è un via vai di amici friulani, si tira tardi e arrivano davanti all’ingresso un migliaio di tifosi. Spalletti fa fatica a ricomporre il puzzle del campionato che resta: ci sono altre cinque partite da giocare, vuole (ancora) il massimo, deve stravincere, lui è così. «Questa è una vittoria extralusso. Napoli è una città unica, inimitabile. Bellissima, passionale» aveva detto prima della partenza. Nella notte dello scudetto l’elogio è ancora più forte: «I napoletani lo sanno che è bella ma quanto lo sia veramente lo può dire meglio chi come me ne è ospite e ne resta folgorato».

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