Migranti, schiaffo a Meloni, l’Europa nega al governo la discussione sui profughi

Ilario Lombardo

«La presidente della Commissione e la presidenza svedese ci offriranno un breve aggiornamento sull’argomento». Punto. Solo «un breve aggiornamento». Niente di più. A questo si ridurrà la discussione sui migranti nel Consiglio europeo di domani e venerdì. Il presidente Charles Michel ha relegato il tema alla fine della lettera con cui ha formalizzato l’invito a Bruxelles ai leader europei. I punti all’ordine del giorno sono il sostegno all’Ucraina, le misure economiche sulla competitività, il commercio, l’energia, e poi i profughi, nella formula così scritta: «Short debrief».

Giorgia Meloni aveva chiesto di più. «C’è un cambio di paradigma ma non possiamo ancora dirci soddisfatti», la premier lo ha dichiarato in Aula, in Senato, e lo ha ribadito durante la telefonata con Ursula Von der Leyen. È lei, la presidente tedesca della Commissione Ue, la principale sospettata. L’Italia si aspettava «un cambio di passo», dopo il Consiglio informale di febbraio, quando Meloni rivendicò come un successo gli impegni espressi nelle conclusioni. Si aspettava che la Commissione avrebbe tradotto in proposte ufficiali le vaghe promesse strappate ai capi di Stato e di governo, così come avvenuto per i tedeschi e l’allentamento dei vincoli sugli aiuti di Stato alle imprese, considerato vitale dalla cancelleria di Berlino.

Un mese dopo, invece, per l’Italia poco è cambiato. Dopo il colloquio telefonico con Von der Leyen, in serata, da Palazzo Chigi filtrava un filo di ottimismo in più. Le parole della leader tedesca tentano di tamponare i malintesi. Definisce la telefonata «fruttuosa» e conferma «la necessità di agire in maniera rapida e coordinata» e di «sostenere i partner nordafricani, di prevenire le partenze irregolari e le perdite delle vite umane».

Meloni, però, vuole garanzie che le dichiarazioni si traducano in misure concrete. Chiede che qualcosa venga anticipato al Consiglio di domani. «Condividiamo un’urgenza» ha detto a Von der Leyen, ora servono i fatti.

Meloni non è tranquilla. Le pressioni della diplomazia italiana hanno prodotto poco. Il tema dei migranti è rimasto in coda, appena toccato da Michel. E anche per questo ieri, in Senato, durante l’informativa sul vertice europeo, la presidente del Consiglio ha alzato nuovamente i toni e sfoderato il repertorio di sempre dei sovranisti italiani. È tornata ad attaccare le Ong: «Gli Stati che li finanziano devono assumersi le responsabilità che il diritto del mare assegna loro. Le operazioni Sar non possono gravare solo sugli Stati di approdo». E ha polemizzato con la sottovalutazione, percepita tra i partner, dell’«enorme problema» della Tunisia: «Il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, che aveva immaginato già all’inizio di questo mese di recarsi là per affrontare la vicenda, poi ha rimandato». Il rischio di default del Paese, secondo la premier, non può essere affrontato finché il Fondo monetario internazionale non sblocca i finanziamenti destinati a Tunisi. È quello il primo banco di prova, agli occhi della premier. L’Europa può dimostrare di condividere la strategia italiana che prevede di aumentare il denaro verso i Paesi di transito del Nord Africa.

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