Covid e naufragio migranti: le due tragedie e la resa dei conti

LUCIA ANNUNZIATA

Poteva la politica, cioè i massimi vertici del governo, salvare la vita di 4 mila cittadini, se solo fosse stata più informata, o più saggia, o forse solo meno disattenta? E poteva, questa stessa politica, sempre colposa dello stesso processo di noncuranza e disattenzione, salvare la vita a un centinaio di uomini, donne e bambini provenienti da Paesi oggi devastati da conflitti gravissimi? Nel giro di 24 ore, una serie di circostanze, del tutto involontarie, hanno portato all’attenzione del Paese due inchieste su due casi drammatici. Sono diverse fra loro per tempi, luoghi e materia, ma per certi versi si intrecciano e si sovrappongono – entrambe sollevando il tema della responsabilità di due diversi governi italiani.

La prima indagine ha radici in quello che appare oggi un tempo lontanissimo, denso di sbandamento e di paura – gli inizi della pandemia di Covid in Italia, in particolare nelle sue prime settimane, in quel di Bergamo. Ad Alzano e Nembro, dove non fu deciso il lockdown, la scelta si rivelò drammatica: «Se la zona rossa fosse stata estesa sin da subito si sarebbero evitate oltre 4mila morti», dice il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani. «Il nostro problema è stato sì quello del mancato aggiornamento del piano, e questo riguarda un lato ministeriale, ma anche la mancata attuazione di quegli accorgimenti preventivi già previsti nel piano antinfluenzale comunque risalente al 2006». L’accusa è epidemia colposa per 22 indagati, al massimo livello delle responsabilità pubbliche: l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro Roberto Speranza, il governatore della Lombardia Attilio Fontana e i componenti del Comitato Tecnico Scientifico, Silvio Brusaferro, direttore dell’Iss, Claudio D’Amario ex dg della Prevenzione del ministero della Salute, e Angelo Borrelli, ex capo della Protezione civile.

La seconda ha a che fare con il naufragio di cinque giorni fa sulla spiaggia di Crotone, in Calabria, di una nave piena di donne, bambini, uomini, di cui circa un centinaio affogati negli ultimi 500 metri di un viaggio durato 4 giorni nel Mediterraneo. Il lavoro dei giudici è in questo caso solo all’inizio: i soccorsi sono stati gestiti bene, in tempo utile? I dubbi sono alimentati dai buchi nello scorrere del tempo (allerta di un aereo Frontex dato ore prima del naufragio), dalle modalità di questo allerta che “non segnala” nessuna condizione di allarme, e dal tipo di operazione che infine viene (non) messa in atto da Guardia di Finanza, Capitaneria di porto, e Guardia Costiera. La prima dunque è un lavoro completo, le cui conclusioni devono ora essere esaminate in un processo. La seconda è invece appena stata aperta dalla Procura di Crotone come primo passo per acquisire gli atti e ricostruire l’intera vicenda, per poi decidere se e come procedere. Sotto queste differenze, tuttavia, si è già focalizzato uno scontro che porta a una resa dei conti a tutto campo politico.

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