“L’illusione della fine della Storia…”. L’affondo di Caracciolo

L’Ucraina, in quest’ottica, come ricostruisce la sua identità?

“L’Ucraina sta provando a ricostruire una sua storia contrastando la narrativa dominante che vede Kiev presentata come la prima città russa e, anzi, con la guerra sta provando a presentare come sempre più radicata nel passato l’era di separazione dei suoi destini da quelli di Mosca”.

E l’Europa occidentale?

“Vive come una fase di rimozione di una lunga tradizione storica plasmatasi nell’incontro tra la civiltà greco-latina e quella renana nel periodo compreso tra Costantino e Carlo Magno. Oggi alla base dell’identità della sfera d’influenza americana sull’Europa. Questa rimozione riguarda in particolare l’Italia. L’Italia fa finta di non avere una storia, anche nella sua pedagogia, nei programmi accademici, anche quando si parla di scienze sociali come l’economia o delle scienze dure”.

Che conseguenze può avere questa problematica?

“Pensare di non avere una Storia è problematico quando si passa alla difesa dei nostri interessi. Alla prova della guerra in Ucraina ci siamo, a tal proposito, scoperti nudi. Innanzitutto sul fronte tecnico, dato che sulla Difesa ci si è resi conto che l’Italia difficilmente potrebbe sopportare un attacco su larga scala senza la protezione Usa o atlantica. E dunque la nostra Difesa dipende in ultima sintesi dalla possibilità e dalla volontà degli Usa e della Nato di proteggerci con l’ombrello atomico. Nella gerarchia atlantica, siamo certi ormai che l’attacco a un singolo membro nei fatti non è uguale a seconda della nazione coinvolta. E che colpire il Montenegro non significa certamente colpire il Regno Unito. Ma non siamo in grado di sapere, in una scala che va da Podgorica a Londra, dove si posizioni l’Italia nella priorità delle alleanze”

In sostanza in Italia non c’è la percezione dei cambiamenti epocali in atto?

“C’é una difficoltà culturale a capire quanto accade nel mondo. In primo luogo perché culturalmente pensiamo di aver abolito dal discorso pubblico la guerra e i suoi effetti dopo l’introduzione dell’Articolo 11 della Costituzione. Ma sostanzialmente il problema è dell’atmosfera del tempo, che ha portato alla crescita di una classe dirigente italiana contemporanea cresciuta nell’illusione della fine della storia. Lo vediamo quotidianamente nei nostri media, dove la guerra in Ucraina sembra scadere a una sequela di episodi di cronaca nera senza una minima idea sulla sistematicità delle problematiche che essa apre e delle incertezze che proietta sul nostro futuro”.

IL GIORNALE

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