La versione della Cina sul pallone spia è credibile? E cosa succede ora?

Non bastano i satelliti?

Non passa giorno ormai senza che qualche foto satellitare venga pubblicata per svelare movimenti di truppe o armamenti, dall’Ucraina alla Nord Corea. Poi ci sono gli aerei-spia e i droni. Perché usare anche mezzi apparentemente «rudimentali» come i palloni? I satelliti celebrati come «Eye in the Sky», occhi elettronici nel cielo, sono gioielli molto costosi sia per i materiali usati nella costruzione sia per il lancio. Sono «prevedibili» nelle loro orbite e quindi vulnerabili con attacchi da terra o dallo spazio, dice ancora Kim. I palloni moderni invece «sono fatti di materiale che non riflette la luce, e anche se sono piuttosto voluminosi potrebbero sfuggire ai radar, al contrario di aerei e droni». Soprattutto, i palloni-spia «possono stazionare su un obiettivo e sorvegliarlo costantemente per mesi, al contrario dei satelliti che devono seguire la loro orbita. Si possono raccogliere informazioni più dettagliate».

Pericolo per i civili?

I palloni-spia di nuova generazione possono operare ad altissima quota: tra i 24.000 e i 37.000 metri, ben al di sopra delle rotte seguite dagli aerei civili, che non superano i 10 mila metri. Quello dello scandalo cinese è stato individuato ad altezza più bassa sul Montana: circa 18.000 metri, ma sempre a distanza di sicurezza rispetto ai jet con passeggeri. L’intrusione della sonda però, anche se non armata pone in pericolo gli Stati Uniti, dice il generale della riserva John Ferrari, oggi all’American Enterprise Institute. Il solo sorvolo può essere servito ai cinesi per mettere alla prova la capacità americana di individuare le minacce e per trovare «buchi nel sistema di allarme della difesa aerea». Ferrari ha detto alla Associated Press che le apparecchiature d’intelligence sul pallone possono aver fornito a Pechino dati sulle «emissioni elettromagnetiche che satelliti orbitanti a quote superiori non possono captare, come frequenze radio impiegate per le comunicazioni dei sistemi d’arma americani». E poi, conclude l’ex generale «i cinesi possono aver spedito il pallone per mostrarci che possono farlo e che la prossima volta potrebbe essere armato: ora dovremo spendere più tempo e denaro per difenderci».

Perché non è stato abbattuto subito?

Fonti americane dicono che il presidente Joe Biden era stato avvertito già martedì, quando il pallone cinese era ancora sul Canada. La US Air Force aveva lanciato due caccia F-22 per intercettarlo, ma è stato deciso di non aprire il fuoco per non rischiare che i rottami cadessero su zone abitate: da quella quota si sarebbero dispersi su un’area di almeno 400 chilometri quadrati. È possibile anche che la Casa Bianca abbia deciso di aspettare per motivi politici, per non riscaldare il clima da Guerra Fredda. C’è ancora tempo: il Pentagono valuta che il pallone-spia continuerà a viaggiare nello spazio aereo americano per altri cinque giorni. Comunque, «abbattere un pallone del genere non è così semplice come può sembrare alla gente», dice William Kim. «Funziona a elio, non prende fuoco se è colpito, non esplode. Se lo si perfora, si sgonfia molto lentamente». È successo nel 1998, quando un F-18 canadese ha dovuto sparare un migliaio di proiettili da 20 millimetri e il pallone è finito al suolo sei giorni dopo.

Perché proprio ora?

I militari di Washington dicono che la loro analisi si basa anche su «precedente attività spionistica» condotta con questo sistema dai cinesi e su «ammissioni di funzionari comunisti in comunicazioni private». Non è chiaro come a Washington abbiano raccolto queste «ammissioni»: intercettazioni o comunicazioni riservate e imbarazzate di Pechino in queste ore di tensione? Sta di fatto che Blinken non ha cancellato la visita a Pechino ma l’ha solo «sospesa e rinviata a quando le condizioni lo consentiranno». Pechino ora osserva che in realtà la missione dell’inviato americano non era stata annunciata ufficialmente e quindi formalmente non è stata neanche cancellata. Sottigliezze mandarine. Ma un altro aspetto interessante è la dichiarazione di funzionari americani secondo cui già in passato, anche ai tempi di Donald Trump, i cinesi hanno usato palloni-spia: perché denunciarli proprio ora? Forse perché è la prima volta che nel mirino dello spione volante è finita una base missilistica.

Che succederà a Pechino?

Se fosse stato davvero una sorta di dirigibile spinto fuori rotta dai venti di Ponente del Pacifico, pagherebbero gli «scienziati» che non li hanno saputi dirigere e hanno provocato un disastro d’immagine. Se era un pallone-spia, il mandarino di quel dipartimento di intelligence dovrebbe spiegare perché è stato preso il rischio di farsi scoprire proprio ora, in un momento politicamente così delicato. O forse no, forse era tutto calcolato in un gioco tra servizi segreti e politica.

CORRIERE.IT

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