Putin: negoziati o guerra totale. Il dilemma del presidente russo, sempre più solo e confuso

di Marco Imarisio

L’ex consigliere politico Markov: «Logica ispirata al giorno per giorno, pesa l’insuccesso della prima fase dell’Operazione militare speciale»

Putin: negoziati o guerra totale. Il dilemma del presidente russo, sempre più solo e confuso

I russi odiano l’imprevisto. Nella loro lingua, l’avverbio casualmente, sluchaino , una delle parole più comuni del lessico sovietico, viene sempre usato con un significato peggiorativo, per sottolineare le cose che non sono andate secondo il piano stabilito. Forse questo continuo unire i punti disegnati dalla strategia del Cremlino è inutile fin dalla tarda primavera del 2022. La reazione dell’Ucraina non era messa in conto, e ha cambiato in modo radicale uno scenario che sembrava già deciso a tavolino.

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Da allora, la strategia di Vladimir Putin , che è un uomo profondamente sovietico, è diventata un enigma a geometria variabile. È una guerra ma non è possibile chiamarla così, anche se sta per essere varato dalla Duma il decreto che prevede il pagamento di una sorta di patrimoniale bellica per alcune imprese e maggiori tasse alle aziende partecipate dallo Stato. Sì alla mobilitazione, ma non troppo. Che sia parziale, anche se secondo i servizi segreti ucraini, da prendere con le molle, oltre ai trecentomila coscritti richiamati alle armi lo scorso ottobre se ne aggiungeranno presto molti altri, tra cinquecentomila e un milione, segno dell’intenzione di proseguire le ostilità.

Al tempo stesso, sì anche ai negoziati, naturalmente alle proprie condizioni, che prevedono il mantenimento dei territori annessi con i referendum di settembre. Sembra tutto e il contrario di tutto. La diversificazione dei messaggi, esemplificata dalle diverse posizioni del ministro degli Esteri Sergey Lavrov, più «trattativista» e quella dell’ex presidente Dmitri Medvedev, desideroso di bombardare l’Europa e la Nato, può talvolta comunicare anche un’idea di fragilità dell’intero sistema di potere. «Esiste una logica, in realtà» dice Sergey Markov, che fu uno dei più longevi consiglieri politici dello zar, in servizio dal 2011 al 2019, e da ardente nazionalista qual è non rappresenta certo il partito delle colombe, anzi. «Ma è ispirata al giorno per giorno, una mossa per tastare le cancellerie europee, un’altra per far capire a Zelensky che possiamo andare fino in fondo, nulla è escluso. Il peso che l’insuccesso della prima fase dell’Operazione militare speciale sta avendo sullo sviluppo del conflitto ucraino sta diventando sempre più evidente».

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