Se il ministro Sangiuliano si perde i nazisti

Ilario Lombardo

Nel catalogo della mostra alle scuderie del Quirinale “Arte liberata 1937-1947 Capolavori salvati dalla guerra” è stato concesso al ministro dei Beni Culturali Gennaro Sangiuliano lo spazio nobile di una prefazione. Sono due paginette, cinque paragrafi in tutto. Ma a leggerle e rileggerle con attenzione, tra una citazione di Leopardi e un omaggio a Canova, si nota che manca qualcosa, come uno spazio bianco. Ah, ecco cos’è: i cattivi. I nazisti e i fascisti che furono complici delle razzie di opere d’arte. Non proprio un dettaglio, visto che si parla di opere trafugate e Sangiuliano ha dimenticato chi fu a trafugarle e chi perseguitò critici, storici dell’arte, archeologici, e tutti gli eroici Monuments men italiani (o come direbbe l’italico ministro: gli uomini dei monumenti) che rischiarono la vita per salvare quadri e sculture di immenso valore dalle grinfie di Adolf Hitler. La mostra, scrive Sangiuliano, «intrisa di sentimento del bello e di sentimento patrio» racconta l’arte liberata, salvata o recuperata, da chi? «Dalle torbide minacce della Seconda guerra mondiale». E ancora: si offrono allo sguardo del visitatore «molti degli splendidi capolavori d’arte sottratti allora, talora a rischio della vita, alla distruzione e al trafugamento». Distruzione e trafugamento da parte di chi? Niente nazisti neanche qui. Eppure lo smemorato ministro cita uno dei pezzi forti della mostra, il Discobolo Lancellotti. La scultura è considerata uno dei simboli della propaganda nazista, capace di racchiudere nella bellezza di un corpo in movimento tutto l’ideale ariano. La storia è emblematica e il catalogo la racconta nel dettaglio. Il Führer se ne innamora e la mette al primo posto delle opere da acquistare in Italia, dove ritornerà solo alla fine della guerra grazie a Rodolfo Siviero, storico dell’arte e agente segreto.

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