Decreto Rilancio 2020, la legge ha agevolato truffe per 6 miliardi di euro di cui 1,8 già spariti

La truffa madre

Criminali e faccendieri in Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino e Veneto si mettono in moto. Il meccanismo si riassume in modo emblematico con il caso che riguarda due piccole srl di proprietà dei fratelli pugliesi Maurizio e Maria Marisa de Martino: Immobiliare Vallè srl, nata a metà 2019 ad Aosta per occuparsi di «locazione immobiliare di beni propri o in leasing (affitto)» e dal fatturato quasi inesistente, e la foggiana MaMa srl, attiva nel settore costruzioni, ma con fatturato che fino ad ottobre 2020 non supera i 20.000 euro al mese.

Già nel mese di novembre Vallè fattura a Mama 12,5 milioni di euro per affitti di immobili non residenziali. A gennaio 2021 Vallè riceve da Mama fatture per 21,177 milioni per lavori da eseguire. Fatture elettroniche (quindi «leggibili» in tempo reale da parte dell’Agenzia delle Entrate) di importo incongruente con la capacità finanziaria dei soggetti ed emesse solo tra società gemelle. Contemporaneamente viene comunicata sulla piattaforma dell’Agenzia la cessione del credito a terzi. Siccome nessuno fiata, lo scambio tra Puglia e Valle d’Aosta diventa vorticoso. A febbraio fatture per 95 mln, ad aprile 142 milioni di cui 97 in un solo giorno. Tra maggio e agosto vengono depositate ulteriori fatture per oltre 200 milioni. A giugno, l’Ufficio Antifrode, che si sua iniziativa aveva cominciato ad osservare i transiti nella banca dati, vede che qualcosa non quadra ed inizia ad indagare. Intanto le società foggiane avanzano tranquille: a ottobre fatture per oltre 200 milioni, a novembre per 191,8. La giostra si ferma quando l’Agenzia delle Entrate consegna un dossier alla Procura di Roma che, il 22 dicembre 2021, con un provvedimento d’urgenza, congela crediti fiscali per oltre 1,25 miliardi di euro. Almeno 250 milioni, però, erano già stati liquidati da intermediari come le Poste e Cassa Depositi e Prestiti.

Chi incassa è un nullatenente

Perché per oltre un anno nessuno è intervenuto in tempo reale sull’emissione di fatture con importi spropositati, o emesse da soggetti incapienti? Perché nessun controllo era previsto dalla legge sull’inserimento dei crediti nei cassetti fiscali. Nessun controllo era previsto tra la congruenza delle somme pagate e la qualità degli immobili (che spesso non esistevano o erano stanzette sfitte) e nessuna necessità di inserire copia dei contratti d’affitto. Nessun controllo sui lavori eseguiti per i richiedenti di bonus sisma o rifacimento facciate. La cessione del credito avveniva tramite comunicazione sulla piattaforma online dell’Agenzia delle Entrate del codice fiscale del beneficiario finale (e la legge non metteva limite al numero di cessioni) quello dell’incaricato dell’incasso. Chi eseguiva l’operazione doveva limitarsi a conservare i documenti «in vista di eventuali controlli». Ad incassare il cash era spesso un disoccupato, un ambulante o un incapiente che dal punto di vista legale non rischia nulla perché la legge si rivale solo su chi ha generato la truffa.

(…) nessun controllo era previsto dalla legge (…) Chi eseguiva l’operazione doveva limitarsi a conservare i documenti «in vista di eventuali controlli»

Chi paga: Poste e Cdp

Una volta che l’incapiente di turno, in cambio di una «mancia» da parte di chi ha ideato il meccanismo, vende il titolo a Poste o Cassa Depositi e Prestiti, è fatta. I soldi sono subito partiti per la Cina o altre destinazioni. I cessionari ora si trovano in mano carta straccia (valuta falsa, la definisce il magistrato Stefano Pesci) che dovrebbero inserire in bilancio come perdite, cosa che però non hanno nessuna intenzione di fare. In un decreto di dissequestro dello scorso 13 maggio (il caso è quello della O.B. Car, una piccola concessionaria di auto), i procuratori Raffaele Cantone e Laura Reale scrivono che molti dei soggetti dai quali Poste ha acquistato il credito fiscale presentavano «profili di rischio economico penale, fiscale». Cittadini che non hanno mai presentato un 730, ultraottantenni, pregiudicati per reati violenti e per truffe anche nei confronti di Poste. «Sarebbero bastate semplici verifiche su Google per accorgersene» scrivono i magistrati, inoltre non è dato comprendere perché Poste rifiuta a giugno 2021 la cessione di un credito per 150.000 euro al prestanome Nicola M., e tre mesi dopo cambia idea: M. si presenta allo sportello con 500 mila euro di crediti e li cambia a vista. La domanda che Poste avrebbe dovuto fare a M era questa: «come hai fatto a maturare mezzo milione di crediti?». Ma qual è l’interesse di un istituto di credito nell’acquistare crediti così rischiosi? Lo sconto. Per esempio Poste per ogni blocchetto da mezzo milione di euro, ne pagava al cliente 415.015, per scalare poi dalle proprie tasse la somma intera.

Ma qual è l’interesse di un istituto di credito nell’acquistare crediti così rischiosi? Lo sconto

I danni li paga lo Stato

Ora il problema è che Poste e Cassa Depositi e Prestiti (ma anche colossi dell’energia e del gas) vogliono che lo Stato rimborsi questi crediti che non possono più portare a compensazione delle tasse, sostenendo di averli acquistati nel rispetto della legge. A dire il vero ad aprile 2020 e a febbraio 2021 l’Unità di Informazione finanziaria di Banca d’Italia, nella comunicazione «prevenzione di fenomeni di criminalità finanziaria connessi all’emergenza Covid», aveva richiamato gli istituti di credito agli obblighi antiriciclaggio e a prevenire i rischi connessi con l’eventuale natura fittizia dei crediti d’imposta. Indicazione evidentemente non seguita. Infatti altri gruppi bancari, che hanno fatto un minimo di due diligence sui soggetti che volevano cedere i crediti e sui contratti sottostanti, di fregature non ne hanno prese. Sta di fatto che Poste e Cdp per aver ragione hanno ingaggiato una principessa del Foro, l’avvocata Paola Severino, ex ministro della Giustizia e membro del Comitato Scientifico proprio di Cdp. Negli ultimi mesi alcuni crediti sono stati sbloccati, altri no, e il contenzioso passa nelle mani dei tribunali. Se gli intermediari vinceranno, le somme trafugate le pagherà lo Stato. Se perderanno, anche: Poste è controllata al 60% dal Ministero delle Finanze, Cdp all’83 per cento.

Ora il problema è che Poste e Cassa Depositi e Prestiti (ma anche colossi dell’energia e del gas) vogliono che lo Stato rimborsi questi crediti che non possono più portare a compensazione delle tasse

Draghi mette la parola fine

L’11 novembre 2021 la norma che di fatto autorizzava le frodi carosello è stata integrata d’imperio dal governo Draghi, imponendo all’Agenzia delle Entrate 30 giorni di tempo per il controllo sulla cessione crediti. E la cessione del credito non può avere più di 4 passaggi. Mentre per gli istituti di credito c’è il divieto di acquistare da soggetti a rischio. Infatti nel corso del 2022 gli imprenditori onesti hanno continuato a lavorare, ma ben 2 miliardi di tentate truffe sono state bloccate sul nascere. La domanda è: il parametro informatico che incrocia i dati, fa scattare un allerta automatica che arriva al funzionario dell’Agenzia delle Entrate e gli dice «apri quel cassetto fiscale», poteva essere adottato da luglio 2020? La risposta è «sì». Avrebbe rallentato l’economia? No. Si sarebbe però evitato di foraggiare ladri e criminali. dataroom@corriere.it

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