I 10 anni di Xi Jinping alla guida della Cina

Federico Giuliani

Ci sono buone probabilità che Xi Jinping rimanga al potere per molti altri anni come leader supremo della Cina. Il XX Congresso del Partito Comunista Cinese (PCC) dovrebbe garantire all’attuale presidente cinese un inedito terzo mandato nelle vesti di segretario generale del partito, dal quale, nei prossimi mesi, estendere conseguentemente la carica presidenziale.

Abolito il limite dei due mandati nel 2018, e al netto di vari nodi non proprio trascurabili – dal rallentamento economico alle tensioni internazionali – per Xi, al potere dal 2012, la strada sembra dunque essere in discesa. In attesa di capire quale percorso seguirà il Dragone da qui ai prossimi anni, possiamo intanto tracciare il bilancio completo di come si è trasformata la Cina sotto la decennale guida di Xi Jinping.

Com’era la Cina prima della presidenza di Xi

Da quando ha ereditato la leadership della seconda economia più grande del mondo dal suo predecessore Hu Jintao, Xi ha rimodellato la Cina facendola emergere come potenza dominante sulla scena globale.

Nel 2012, più che a un serpentone con le fauci aperte pronto a inghiottirsi Paesi interi, la Repubblica Popolare Cinese era ancora paragonata ad un panda gigante. Un panda enigmatico, politicamente distante dall’Occidente, problematico per la sua capacità di inondare i mercati con paccottaglia a basso costo, dotato di una cultura diversa, ma tutto sommato innocuo. Anzi: c’era addirittura chi pensava che la Cina potesse gradualmente occidentalizzarsi, non solo nei brand e nei consumi, ma anche nella visione valoriale. L’avvento di Xi ha interrotto questi vani sogni di gloria. Il nuovo presidente ha fatto uscire allo scoperto le reali potenzialità del Paese nel tentativo di riportare Zhongguo, il “Paese di mezzo”, al centro del mondo.

Al termine di un lunghissimo percorso di riforme e aperture, inaugurato da Deng Xiaoping nel 1978, per la Cina era arrivato il momento di accelerare. Xi si è quindi ritrovato a guidare un Paese pronto a riscattare il secolo delle umiliazioni (‘900). È per questo che, a differenza dei precedenti presidenti cinesi, Xi Jinping può essere visto come un leader intenzionato a seguire una missione storica da compiere a qualunque costo.

In generale, prima di Xi l’economia cinese era fiorente, ma aveva anche molti seri problemi. Il prodotto interno lordo cinese, ha sottolineato il South China Morning Post, era cresciuto ad un tasso medio annuo del 10% annuo per oltre un decennio, salvo rallentare quasi ogni anno a partire dal 2008. All’inizio del Duemila, inoltre, in Cina la disuguaglianza aveva addirittura superato quella degli Stati Uniti, mentre l’inquinamento stava letteralmente uccidendo il Paese. Nel 2013 l’aria di Pechino contava una media di 102 microgrammi di particelle di PM2,5 per metro cubo. Il deflusso chimico di fabbriche, miniere e fattorie stava nel frattempo intossicando le acque, costringendo villaggi e comunità locali a spostarsi a causa della contaminazione dei rispettivi approvvigionamenti idrici.

Negli ultimi 10 anni, con Xi al potere, le letture di PM2,5 nelle principali città, come Shanghai e Pechino, si sono dimezzate. Il coefficiente di Gini è tornato al di sotto di quello Usa. Xi è però riuscito solo in parte a migliorare la situazione cinese. Sono rimasti nodi irrisolti: ad esempio il tasso di crescita annuale del pil, tra il 2012 e l’inizio della pandemia di Covid-19, è diminuito o rimasto costante. E ancora: il governo ha abolito la politica del figlio unico ma i tassi di fertilità sono rimasti bassi.

Possiamo affermare che Xi ha ereditato la maggior parte dei problemi della Cina – problemi figli della rapida modernizzazione del Paese – ma che è riuscito a risolverli soltanto in parte, e non necessariamente sempre per suoi demeriti.

Hu Jintao (Sx) e l’ex presidente Jiang Zemin nel Congresso del 2012 (Foto EPA/DIEGO AZUBEL)

Cosa ha deciso Xi durante la presidenza

Uno dei più grandi successi di Xi Jinping è stato il modo con il quale è riuscito a risolvere le presunte contraddizioni tra il ritorno della Cina a politiche maoiste di sinistra e lo spostamento del Paese verso la destra dengista. Alla fine della presidenza di Hu Jintao, la disputa su quale direzione avrebbe dovuto prendere il Paese si stava facendo sempre più serrata. Xi è stato abile ad imbracciare l’arma del pragmatismo e silenziare ogni contraddizzione capace di minare l’armonia sociale della nazione.

Le sue teorie politiche, riunite sotto l’etichetta de “Il pensiero di Xi Jinping“, hanno trovato spazio nella costituzione del partito. A livello nazionale, Xi Jinping ha reso popolare lo slogan ispiratore del China Dream, ha celebrato il 100esimo anniversario del Partito Comunista Cinese, ha represso il dissenso a Hong Kong e promesso di perseguire la riunificazione con Taiwan (anche se non si capisce ancora in che modo).

I suoi “Two Centenary Goals” hanno offerto alcuni indizi quantitativi su cosa sia il suo Sogno Cinese. Intanto, la Cina avrebbe dovuto costruire una società moderatamente benestante entro il 2021 (il governo ha annunciato di esserci riuscito) e, successivamente, diventare un Paese socialista moderno a tutti gli effetti entro il 2049.

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